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Vangelo di Domenica 1° Novembre 2020

Vangelo di Gesù Cristo secondo Matteo 5,1-12

beatitudini gesu.jpg1Vedendo le folle, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli. 2Si mise a parlare e insegnava loro dicendo: 3«Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli. 4Beati quelli che sono nel pianto, perché saranno consolati. 5Beati i miti, perché avranno in eredità la terra. 6Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati. 7Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia. 8Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio. 9Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio. 10Beati i perseguitati per la giustizia,
perché di essi è il regno dei cieli. 11Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. 12Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli. Così infatti perseguitarono i profeti che furono prima di voi.

Lectio di don Alessio De Stefano

Il genere letterario delle beatitudini è molto usato nella Bibbia ebraica, specialmente negli Scritti Sapienziali. Il salmo 1 è un esempio esteso della forma letteraria della beatitudine in cui qualcuno è dichiarato beato o felice: “beato (beatitudine) (del) l’uomo che non segue il consiglio degli empi…”. La forma alla terza persona è più comune di quella alla seconda persona. E perciò la formulazione fatta da Matteo alla terza persona della forma che nella fonte Q è alla seconda persona rispecchia lo stile ebraico corrente di esprimere una beatitudine.

Salendo sul monte, Gesù evoca lo scenario del Sinai, dove Israele ha ricevuto le (dieci) Parole. Dio, che ha parlato al suo popolo per offrirgli la sua alleanza ed insegnargli a vivere con fede e con giustizia, ora torna a far sentire la sua voce mediante il Figlio nel quale ha posto il suo compiacimento. La sua parola non si è esaurita, è dinamica e pertanto ancora attuale, pronta a rispondere alle esigenze degli uomini e delle donne di ogni tempo. Il parlare di Gesù, come quello di Dio nel Primo Testamento, nasce dal vedere che è la prima espressione dell’amore.

Chi ama, vede e coglie persino i dettagli. Agli occhi di Gesù l’essere umano non è solo un corpo da guarire o uno spirito da consolare, ma un mondo interiore da ascoltare e da educare perché fiorisca in lui la grande bellezza per cui è stato creato. Sul monte il Gesù del primo Vangelo proclama pubblicamente che Dio ha un debole per gli ultimi. Dichiara con forza prorompente che Dio sta dalla parte di quanti sono al margine della società, le pietre scartate dagli uomini che egli sceglie per edificare la comunità dei suoi discepoli. Enunciando una ad una le categorie umane più deboli, Gesù denuncia i peccati contro l’essere umano e contro la sua dignità, perpetrati da chi rema contro il sogno di Dio e calpestando i poveri, gli afflitti, i promotori della giustizia e della pace. Dopo la cornice narrativa dei versetti 1-2, il testo ci consegna nei versetti 3-12 un insegnamento di Gesù che risuona sovversivo rispetto alle logiche della felicità umana: la beatitudine di quelle che per il mondo sono le persone inutili.

Le etichette umane inchiodano. Sono linguaggio che spesso non ammette riscatto e può dare la morte. Le parole che Gesù rivolge alla folla sul monte, invece, sono linguaggio di benedizione, litanie di felicità che liberano dalle strettoie dei giudizi e fanno accadere nell’oggi della storia l’intervento salvifico di Dio. Esse inoltre sono per lo più al futuro, che rivela un tempo incompiuto, mostrandosi così come il tempo della responsabilità dell’uomo. Tra il presente dell’agire di Dio e il compiersi di un suo sogno di giustizia per l’uomo si apre lo spazio dell’impegno umano a favore della giustizia, della tutela della vita umana, specie del debole e dell’oppresso.

Con le beatitudini Gesù enuncia il programma della sua stessa missione, descrive se stesso e annuncia tutta l’ingiustizia che si scatenerà contro di lui culminando nella croce, ma traccia anche il programma di chi, sedotto dalla bellezza del Regno, vuole accoglierne la novità, sintonizzandosi sulle frequenze dei suoi dinamismi di crescita e di attuazione della giustizia.

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