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Vangelo di Domenica 19 Settembre 2021

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gesu_bambini.jpgVangelo di Gesù Cristo secondo Marco 9,30-37

30 E usciti di là, attraversavano la Galilea; e non voleva che alcuno lo sapesse. 31 Insegnava infatti ai suoi discepoli, e diceva loro: Il Figlio dell’uomo è consegnato in mani di uomini, e lo uccideranno, e, ucciso, dopo tre giorni risorgerà. 32 Ma essi ignoravano la Parola, e temevano di interrogarlo. 33 E vennero a Cafarnao, e, arrivato in casa, li interrogava: Di che cosa discutevate lungo la via? 34 Ma essi tacevano; tra loro infatti avevano discusso lungo la via chi fosse il più grande. 35 Egli, sedendosi, chiamò i Dodici e dice loro: Se uno vuol essere primo, sia ultimo di tutti e servo di tutti. 36 E, prendendo un bambino, lo mise in mezzo a loro; e, presolo in braccio, disse loro:37 Chi avrà accolto uno di questi bambini nel mio nome, accoglie me; e se uno accoglie me, non accoglie me, ma colui che mi ha inviato.

Commento di don Alessio De Stefano

Il secondo annuncio della passione e la discussione sul più grande 9,30-37- Un’altra tappa dell’insegnamento di Gesù ai discepoli in vista degli eventi della morte e risurrezione si apre in 9,30-32 col secondo annuncio della passione, al quale, come abbiamo già avuto modo di riflettere domenica scorsa, seguirà un episodio che denota invece la profonda incomprensione dei discepoli, occasione quindi di un nuovo insegnamento stavolta in direzione del servizio e dell’accoglienza reciproci. Siamo ancora per via, sebbene non vi sia la formula consueta en te odoma venga menzionato il cammino attraverso la Galilea, in un clima ora di maggiore segretezza e riservatezza, quasi per “garantire” un tempo speciale alla formazione dei discepoli. L’annuncio più breve dei tre presenti in Marco è tutto centrato su un passaggio di consegne: dal passivo divino paradidotai - che cela “grammaticalmente” le mani di Dio - alle “mani degli uomini”, il Figlio dell’uomo (ricorrente questa auto-designazione di Gesù) compie il suo cammino di donazione e fa esperienza della violenza e della morte, ma anche della prossimità potente del Padre, in un continuum che dice insieme necessità e libertà, dove atto umano e ini­ziativa divina sono congiunti dal kaimarciano senza cesura. Questo messaggio è ancora duro per i discepoli, nei quali cresce non solo l’incomprensione, ma anche la lontananza dal Maestro, perché adesso la paura impedisce finanche le domande. Tuttavia il silenzio che accoglie la predizione di Gesù viene presto interrotto da parole ben più accese da altri interessi se, una volta rientrati a Cafarnao, Gesù deve chiede­re loro: «Di cosa discutevate lungo la via?» (v. 34). Ma, ancora una volta, si parlotta tra sé e non si ha il coraggio di affronta­re il Maestro, verso il quale ora si mantiene un silenzio carico non più di paura, ma di vergogna: oggetto della discussione lungo la via - lungo quella via che è luogo formativo deputato alla sequela di Gesù e porta, ricordiamolo, al Golgota! - essi hanno discusso, infatti, su chi fosse il maggiore; tra di loro, nella società, nel regno di Dio. Il narratore non lo spiega, ma l’intervento seguente di Gesù sì. Con l’insegnamento sul più grande (vv.35-37) ai Dodici è offerto un modello di relazio­nalità e di reciprocità che sovverte le categorie della forza, del primato, del dominio: «Se qualcuno vuole essere primo, sarà l’ultimo tra tutti e il servo di tutti». Cambiano le parole chiave, cambiano gli obiettivi e le aspettative di vita! Questa è la conversione più faticosa, che coinvolge mente e desideri. Il desiderio di primeggiare non viene in sé condannato, ma questa gara ha un’altra pista e un altro traguardo, completa­mente diversi, probabilmente, da quelli ambìti dai discepoli nella loro discussione. La dicotomia primo/ultimo si spiega ancora di più me­diante quella primo/servo, che chiarisce ciò in cui bisogna sforzarsi di più di primeggiare, ossia il servizio reciproco - beninteso: non solo all’interno della comunità, ma verso tutti. È il tempo, quindi, di una figura esemplare che aiuti discepoli e lettore a visualizzare l’atteggiamento richiesto: il bambino, posto al centro e abbracciato teneramente da Gesù. In una società come quella odierna che fa dei bambi­ni un punto eccessivamente nevralgico delle attenzioni e delle premure di mamma e papà, questo gesto di Gesù può sembrare piuttosto semplice, ripetibile, addirittura moderno. Ma, leggendolo così, sbaglieremmo profondamente prospettiva, giacché al tempo di Gesù un bambino non solo non aveva personalità giuridica, ma era sostanzialmente senza alcun diritto, tutela o garanzia. Questi bambini Gesù chiede di accogliere, acco­gliendo, in tal modo, lui stesso e il Padre: facendo spazio agli ultimi (quelli del nostro tempo e delle nostre latitudini) nelle vite di ciascuno di noi, si realizza concretamente il servizio nel quale possiamo aspirare ad esseri “i più grandi”.