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morte democrazia.jpg“Morte della democrazia”, il nuovo libro del coriglianese Luigi Visciglia - Pubblicato dall’editrice Aurora con prefazione del giornalista Fabio Pistoia

“Giustizia malata, lavoro che non c’è, crisi dei valori, edonismo imperante. Sono alcuni dei temi affrontati da Luigi Visciglia, poeta autodidatta ispirato da un ardente desiderio di giustizia sociale.“Morte della democrazia” è il titolo non a caso scelto per questa raccolta di componimenti: prosa, poesia, prosometria. Versi pubblicati, nei mesi e negli anni addietro, da blog e siti d’informazione locale, riscuotendo non pochi consensi, poiché inducono alla riflessione e suscitano sentimenti contrastanti, che spaziano dalla rassegnazione alla speranza”.

È quanto scrive, nella Prefazione al volume, il giornalista Fabio Pistoia in merito all’ultima fatica letteraria, fresca di stampa, curata dal coriglianese Luigi Visciglia e pubblicata dalla locale casa editrice Aurora. Visciglia, per il suo animo gentile, la spiccata sensibilità e la naturale inclinazione ad impegnarsi nei confronti degli altri, è cittadino conosciuto e molto stimato. Forte credente nei valori di libertà e di uguaglianza sociale, in una società dove la libertà consiste anzitutto nel rispetto di quella altrui, Visciglia è autore di numerosi scritti che rappresentano il frutto di un’acuta osservazione degli uomini e della società contemporanea. Ha già pubblicato una raccolta di pensieri dal titolo “Un attimo di libertà” e, nel 2010, ha ricevuto una menzione speciale nella sezione “Poesia adulti” del Premio “Luce dell’Arte” di Roma. Ha inoltre pubblicato suoi componimenti sulle riviste Cor Bonum, Il Crati, L’Opinione, Il Corriere della Sibaritide, Il Nuovo Corriere della Sibaritide, Jonipress, nonché su blog locali.

“Morte della democrazia” – scrive Pistoia nella Prefazione – “è un decalogo dei mali della società del nostro tempo: signoraggio bancario, perdita della sovranità monetaria, politica clientelare, corruzione dilagante, leggi inique, graduale erosione dei diritti dei lavoratori. Fattori che hanno finito per uccidere, nella sostanza, la democrazia, quel sistema di norme e comportamenti concepiti per un’ottimale condizione di vivibilità fondata sul reciproco rispetto. Quella che fa Luigi Visciglia è un’attenta disamina dell’involuzione accaduta, in modo pericolosamente silente e costante, del complesso di garanzie civili: dall’antica Grecia, culla della democrazia, all’Italia e all’Europa dei giorni nostri, nei quali tale involuzione ha finito per consegnarci una società priva di contenuti, al pari di una scatola vuota. Democrazia solo nella forma, ove la felicità è un appannaggio di pochi a causa di scellerate e diaboliche politiche economiche che hanno disseminato comprensibile malessere e diffuso disagio”.

L’Autore, tuttavia, secondo Pistoia, “non si limita ad un’esclusiva azione di denuncia e di protesta. Il suo scrivere, difatti, è anche un inno alla proposta, al ruolo che la Cultura, nel significato più alto e nobile del termine, può e deve avere nella contemporaneità. Dispensatrice di armonia sociale, ‘vox clamantis in deserto’, veicolo di ideali umani, rispetto della natura e bellezze del creato, aggregazione di menti e spiriti liberi. L’esatto opposto di tutto ciò che, il più delle volte, è divenuta oggi: autoreferenzialità e strumento avulso dal resto della società. Altro aspetto da evidenziare, nel testo di Luigi Visciglia, è la componente dedicata al dialetto coriglianese. Espressioni e modi di dire, molto spesso ironiche ma mai fini a se stesse, che hanno il grande privilegio di tramandare alle nuove generazioni un patrimonio immateriale qual è quello del vernacolo locale: lingua e tradizioni dei nostri padri da far conoscere ai nostri figli”.