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Francesco di Paola nella devozione del popolo di Morano

sfancesco.jpgPer i nostri lettori devoti di San Francesco di Paola, pubblichiamo una nota del prof. Biagio Giuseppe FAILLACE, diffusa il 2 Aprile del 2007 in occasione del 5° centenario della morte del Santo calabrese. BUONA LETTURA.(La redazione)

Pur festeggiando Morano Francesco d’Assisi, da sempre la devozione dei Moranesi per Francesco di Paola, patrono della Calabria, è grande e sentita la venerazione per questo straordinario Santo di cui quest’anno ricorre il 5° centenario della morte. Lo dimostrano le testimonianze artistiche in onore del santo taumaturgo che nella zona del Pollino, versante calabro-lucano, ha lasciato tracce indelebili.In primis l’ “ORMA” dei suoi piedi quando recandosi in Francia benedisse ai primi di febbraio del 1482 (1483?) la Calabria dal monte S.Angelo (m.1014) alle falde del Pollino o meglio dal punto più alto dell’Ospedaletto (m.1086), allorché trovandosi sulla Via Consolare stava per superare il valico di Campotenese al di là del quale la Calabria sarebbe scomparsa per sempre ai suoi occhi. E’ qui sull’Ospedaletto che per Francesco, il beato della “CHARITAS”, “situs, animus, tempus concordant et congruunt”, da “quella cima vide la immensa e desolata pianura di val Crati… vide i foschi fianchi della Sila coi paeselli malinconici…una pietà lo prese…stese le braccia verso la terra diletta e la benedisse implorando da Dio per essa giorni migliori”. Tale tesi da me condivisa, perché la più logica e dimostrabile, è sostenuta da Antonio Salmena, Nicola Misasi, Igino Giordano; quest’ultimo ci dice che Francesco accompagnato da Fra’ Nicola d’Alessio, Padre Bernardino Otranto, Padre Giovanni Cadurio e l’asino Martinello (strumento di un simpatico miracolo che avvenne a Lauria (PZ) ), “tra il pianto del popolo sconsolato” fece la prima tappa a Castrovillari, poi si portò a Morano,”sulle falde del Monte Dirupata…quindi attraversò il Pollino e di là in vista della Sila lontana e del mare di Sibari ai piedi” benedisse la Calabria per l’ultima volta e “tutti gli strapparono qualcosa” (i Moranesi forse il cordone). La pietra con l’orma del piede di San Francesco fu ottenuta dal principe Troiano Spinelli “da Roma e la conservò nel suo oratorio privato (lo che sarebbe stato due secoli dopo), quindi essa passò nella chiesa di S. Bernardino, ed oggi si venera nella Maddalena l’impronta di un solo piede”, ché l’orma dell’altro piede rimase a Roma. In questo suo passaggio per Morano Francesco di Paola fu “alloggiato alla Taverna della Bianca presso la Cappella dell Sanità, di cui era oblata. Il dì seguente, partito da Morano, S. Francesco fece il miracolo della pedata allo Spedaletto: La Bianca…fece dipingere S. Francesco nel quadro della Sanità…fondò la Madonna della Neve e la cappella di S. Francesco allo Spedaletto”.

Per nulla affatto plausibile risulta la tesi di chi sostiene che il monte S. Angelo debba essere il monte che “tramezza tra il territorio di Castrovillari e Morano e ciò per ovvi motivi: tale monte S.Angelo ha un’altitudine inferiore all’Ospedaletto, non si trova come l’Ospedaletto sulla Via Regia

e Francesco di Paola ha già 67 anni, anziano come i due frati che l’accompagnano, non sarebbe stato affatto agevole per i tre frati, e neppure per l’asinello Martinello, “ascendere” su tale monte S. Angelo; ammesso e non concesso che il miracolo fosse avvenuto su tale monte, certamente tra le due comunità, quella moranese e quella castrovillarese, sarebbe scoppiato un “casus belli” per entrare in possesso dell’orma del piede di San Francesco, si sarebbe avuto un caso di “secchia rapita” ante litteram per decidere sulla “legittima proprietà delle “Sante Orme”. Molto strano risulta, poi, che uno storico castrovillarese molto attento come Cristoforo Pepe, quando nelle sue Memorie Storiche della Città di Castrovillari parla della cappella di “S. Maria del Riposo … sulla cima del Monte S. Angiolo” , non faccia cenno a un fatto così straordinario e che non ne parli neppure C. M. L’Occaso nella sua Storia di Castrovillari quando a pag. 38 elencando le chiese e i conventi di Castrovillari, a proposito de “Il Convento dei Minimi” dice semplicemente “fondato circa il 1590. Uno, o due lettori di questo Convento pure insegnavano gratuitamente”. Su questa “vexata quaestio” si veda il capitolo della mia relazione “Il Pollino, la montagna che unisce: un’indagine storico-linguistica e socio-antroplogica” in Atti del Convegno svoltosi a Morano a cura del Gruppo Speleo sul tema “Montagne del Sud tra passato e futuro”. Altra reliquia presente a Morano è parte del cordone di San Francesco, di lana nera, lungo circa un metro, con diversi nodi, fino a pochi anni fa nella sacrestia della Maddalena, custodito in un elegante cassetta d’argento e vetro, dono della casa Pignatelli, il cui stemma è riportato sul coperchio, datato 1671.

Diverse sono le testimonianze artistiche che dimostrano la venerazione dei Moranesi per il Santo Calabrese; ne riporto solo alcune: la pala dell’altare maggiore della Chiesa del Carmine con la Madonna del Carmine fra San Francesco di Paola e Santa Lucia, opera di Pedro Torres, datata 1594, olio su tela, commissionata dal sacerdote don Francesco Perrone, allora rettore dell’Oratorio annesso all’Ospedale per gli infermi e i pellegrini, fondato dal sacerdote don Giuseppe Perrone tra il 1568 e il 1570. La figura di San Francesco si trova alla sinistra del quadro, inginocchiato su un gradino, con il suo caratteristico bastone e con le mani giunte. Un altro dipinto con la Madonna del Carmine tra San Francesco di Paola e San Silvestro si trova nel succorpo della chiesa di San Nicola, primo altare a destra, olio su tela, di Pedro Torres, datato 1602: San Francesco si presenta “secondo l’iconografia tradizionale, e volge lo sguardo verso la Madonna”. Anche nella cappella della famiglia Salmena, si trovava fino ad qualche fa (non so se ancora c’è) un quadro rappresentante il Santo taumaturgo in atto di “adorare la Santissima Vergine”. L’immagine di San Francesco di Paola torna, come già si è accennato sopra, nella Chiesa di Santa Maria della Sanità in uno “splendido polittico ligneo dipinto in oro ed azzurro”, con al centro la Madonna della Sanità col Bambino seduto su di un cuscino in grembo alla madre, il quale con le mani tiene un globo e al collo una collanina di corallo con pendaglio a forma di croce; ai lati abbiamo a destra S. Francesco di Paola e a sinistra San Vito; San Francesco si presenta col tradizionale bastone sullo sfondo di un paesaggio marino, con evidente allusione al miracolo operato sullo stretto di Messina.

Un’altra immagine del Santo la troviamo in una edicoletta in contrada Santicelli-Mazzicanino sulla facciata nord-ovest del casino don Girolamo, ecc… . Ma il Santo è presente anche nelle preghiere e in alcune filastrocche in dialetto moranese.

Il Santo aveva conquistato il cuore dei Moranesi, e a lui forse, più che a Francesco d’Assisi, è legato anche il nome dell’acquedotto di S. Francesco, che ha origine proprio in quella contrada Cotura che Francesco di Paola attraversò prima di inerpicarsi su per l’Ospedaletto, via “stretta, aspra, sassosa e strabocchevole, nominata Scala di Morano, fra’ precipitosi balci”, come fu descritta da Leandro Alberti nel suo passaggio per queste “contrade” avvenuto nel 1525, 43 anni dopo iil passaggio di Francesco di Paola, dei suoi due confratelli e dell’asino Martinello.

Biagio Giuseppe Faillace, Da Il Diario di Castrovillari, anno 5, n. 17, 2007

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