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I sibariti non hanno alcun motivo per festeggiare il FERRAGOSTO

La il_sonno_della_ragione.jpgmorte dei 3 giovani nel tragico incidente di ieri sulla SS106 é gia un buon motivo per essere tristi e non aver voglia di far festa, come giustamente ha fatto notare il sindaco di Cassano, ma ce n'é un altro di più antica memoria che non si deve assolutamente dimenticare.

Quando parliamo di Sibariti, non intendiamo solo gli abitanti della piccola frazione del comune di Cassano, ci riferiamo a tutti i cittadini delle località viciniori, che amano fregiarsi del termine “sibarita” quando vanno in giro per il mondo e vogliono “esporre” un’etichetta storica altisonante, ma che poi dimenticano quando sono a casa loro cioè nel territorio della “Piana di Sibari” in cui i loro paesi insistono volenti o nolenti. Il motivo per cui non v’è ragione di far festa è che proprio il 15 agosto del 1943 nella stazione ferroviaria di Sibari perirono circa 80 persone sotto i bombardamenti degli “amici alleati” anglo americani. Cito a tal proposito alcuni brani di nostri precedenti articoli sull’argomento.

(Art. del 21 dicembre del 2011 – letto da più di 5000 webnauti - su www.sibari.info)

“Un episodio gravissimo durante il quale persero la vita circa ottanta persone che avevano tentato scampo nel rifugio che si trovava proprio nella piazzetta antistante la Stazione. Alcuni testimoni, che vivono ancora a Sibari, ricordano perfettamente il terribile evento bellico, di cui noi ci siamo già occupati e lo stesso ha fatto il giornalista Gianpaolo Iacobini pubblicando sulla Gazzetta del Sud, qualche anno fa, un'intervista fatta proprio a uno dei testimoni dell'episodio. Probabilmente delle bombe caddero proprio sull'ingresso del rifugio impedendo l'uscita dei poveretti che si trovavano all'interno e causandone la morte forse per annegamento a causa dell'acqua che intanto aveva invaso l'interno. Da allora nessuno si è mai peritato di riesumare i poveri resti di persone delle quali non si conoscono i nomi, molti erano passeggeri in sosta provenienti dai paesi dell'interno, qualche ferroviere e alcuni soldati. Ricercando documenti che potevano fare luce sull'episodio ne abbiamo trovati alcuni veramente sconvolgenti e ve li presentiamo allegati in formato PDF. Il primo documento che vi presentiamo è la relazione fatta da un comandante di un bombardiere B-26 al ritorno dell'azione sulla stazione di Sibari. E' in inglese ma non è difficile comprenderne il contenuto. Il comandante segnala di aver portato bene a termine la missione e crede che sia andato distrutto un convoglio carico di munizioni, due locomotive e diversi vagoni, dice anche di aver visto numerose e grandi esplosioni dovute appunto alle munizioni che erano saltate in aria. Il secondo documento è una pagina tratta dal libro "Cronache di Guerra" di Giulio Grilletta dove si parla di vittime causate da quel bombardamento”.

Per maggiore chiarezza su quanto accadde in quel disgraziatissimo ferragosto eccovi uno stralcio dell’articolo firmato da Gianpaolo Iacobini apparso sulla Gazzetta del Sud il 4 aprile del 2009:

“Iniziano i lavori di abbellimento della piazza antistante la stazione. Ruspe al lavoro sul terreno che custodisce i resti di decine di morti.Sibari ha tante piazze. Una ha il nome che il popolo le ha dato: XV Agosto. S’affaccia sulla stazione ferroviaria. Da queste parti, negli anni ’40, i sibariti edificarono un rifugio sotterraneo, fatto di tronchi, travi e assi di legno. Serviva a trovar riparo dagli attacchi aerei. Il 15 agosto del 1943 dal cielo caddero le bombe degli anglo – americani. Nel giro d’un mese, sarebbero diventati alleati dell’Italia. Quel giorno combatterono da nemici. Provocando la morte di ottanta persone.

Chiuse nel bunker a cercar scampo dalla morte che invece li colse impietosa. «Per un quarto d’ora – raccontava qualche anno addietro il ferroviere in pensione Giuseppe Biondi, testimone della tragedia – fu l’inferno. Soldati e viaggiatori dei convogli fermi in stazione corsero a cercar riparo nel rifugio, uno stanzone posto cinque metri sotto il livello del piano stradale. Fecero la fine dei topi». Una morte orribile. «Una bomba colpì l’ingresso del bunker, precludendo ogni via di fuga. Un’altra centrò la conduttura che riforniva d’acqua il deposito locomotive. Morirono tutti annegati».Lo scandalo: quei corpi giacciono sotto terra. Nel 2002 i lavori di sistemazione delle reti idriche della zona li riportarono alla luce per qualche ora, prima del ritorno nelle tenebre. Facendo sì che in occasione del sessantesimo anniversario della strage, nel 2003, un comitato spontaneo restituisse decoro all’agorà. Volontariato puro: Giuseppe Biondi, Pietro Sancineto, Franco Iacobini, Mimmo Paternello, Giovanni Battaglia. Insieme a tanti altri, armati di pazienza e buona volontà, riconsegnarono dignità ai luoghi della memoria. Grazie alle loro mani, Sibari ha ritrovato piazza XV Agosto. Da allora, con ritrovata puntualità, ogni anno, nel giorno di Ferragosto, la piccola comunità che vive sulle rive dello Ionio ricorda i caduti senza nome. Una processione religiosa si snoda per le strade del paese, raggiungendo la stazione ferroviaria. Ai piedi della Vergine, che svetta sull’agorà, mani di donna depongono corone e fiori. Gente tanta, autorità nessuna.”

Quando furono pubblicati i primi articoli sull’argomento, ricevemmo molte note da sibariti che vivono lontano, tra queste ricordiamo quella del carissimo amico Michele Miani:

“Caro Tonino non ho mai saputo della tragedia accaduta sul piazzale della stazione di Sibari. Sono rimasto scioccato per una notizia che fa inorridire di vergogna. E’ mai possibile che nessuno abbia avuto un po’ di pietà cristiana e civile verso queste vittime innocenti di quell’assurda guerra, che nessuno abbia mai pensato di dar adeguata sepoltura ai corpi di quelle persone in un luogo più adatto in tanti anni di tempo passato?
Dimenticando anche l’etica verso tutte le persone, e con loro i morti, e non dico la morale che ognuno di noi deve rispettare, perché sarebbe più grave considerare che anche questa sia stata messa da parte.
Sembra una storia d’altri tempi. Bene avete fatto Iacobini e tu a rispolverare la notizia. Io sono anche stupito dal fatto che nessun’autorità locale sia politica, sia religiosa abbia mai sollevato il problema…”

E non finì certo così il nostro impegno nel ricordare costantemente quel fatto ai nostri lettori, l’ultima volta fu il 2 marzo del 2017 (Cliccare quì per visionarlo)  con una nota che fu letta da ben 9'220 visitatori, nella quale ripubblicammo ancora il bello e toccante articolo di Gianpaolo Iacobini, non si potrebbe affermare quindi che, almeno a Cassano, ci fosse ancora qualcuno che non sapesse di questa tragedia, eppure nella manifestazione commemorativa del Giorno della Memoria nel salone parrocchiale di Sibari nel 2019, alla presenza del parroco Pietro Groccia,  l’attuale sindaco di Cassano sollecitato sulla questione  dal dott. Antonio Alfano, candidamente dichiarò di esserne completamente all’oscuro. Ammesso che sia stato sincero, seppur in tempo di pandemia, non ci pare che abbia fatto qualcosa per chiudere, nel frattempo, questa vergognosa vicenda storica. Lo scrivente, a onor del vero, della faccenda aveva anche reso edotto il vescovo mons. Francesco Savino a pochi mesi dal suo arrivo in diocesi, ma tutto tacque e tace ancora. Poco fa abbiamo saputo che la SS.Messa celebrata sul luogo dell'olocausto da decenni da altri parroci, oggi non é stata prevista.

Chissà cosa penserà il SS Crocifisso  invocato nel 1943 quale protettore del territorio di Cassano? 

Antonio Michele Cavallaro

In allegato i documenti citati

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