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Intervista esclusiva ad Agazio Lojero nel ricordo di "Marcinelle"

lojero a marcinelle.jpgL’8 agosto 1956 nella miniera di carbone Bois du Cazier di Marcinelle, in Belgio avvenne una delle più tremende tragedie che hanno mai colpito l’emigrazione italiana. “Si trattò d'un incendio, causato dalla combustione d'olio ad alta pressione innescata da una scintilla elettrica. L'incendio, sviluppatosi inizialmente nel condotto d'entrata d'aria principale, riempì di fumo tutto l'impianto sotterraneo, provocando la morte di 262 persone delle 275 presenti, in gran parte emigrati italiani”. Nell’anniversario di quel triste avvenimento, Francesco Garofalo ha intervistato, in esclusiva per il nostro sito, l’ex-presidente della Regione Calabria Agazio Lojero che al momento della sua elezione volle come primo atto del suo mandato rendere omaggio ai tanti calabresi periti in quel disastro. (La redazione)

Marcinelle il simbolo della triste e drammatica storia dell’emigrazione. Una tragedia che ci spinge a riflettere sulle sofferenze dei migranti. Generazioni di italiani hanno vissuto la gravosa esperienza dell’emigrazione, hanno sofferto per la separazione dalle famiglie d’origine e affrontato condizioni di lavoro non facili, alla ricerca di una piena integrazione nella società di accoglienza. E’ un motivo di riflessione quell’8 agosto del 1956 e abbiamo voluto rinnovarlo ponendo alcune domande ad Agazio Loiero, già Presidente della Regione Calabria e più volte Ministro della Repubblica.

-          Lei è stato il primo Presidente della Regione che, appena eletto, rese omaggio alle vittime della miniera di Marcinelle. Cosa ricorda e soprattutto che cosa le ha lasciato?

Si, sono partito per Marcinelle che non ero stato ancora proclamato eletto, anche se la distanza dal mio avversario Sergio Abramo era cosi ampia da tranquillizzarmi. Volevo però che fosse in assoluto il mio primo gesto simbolico oltre che nei confronti dei calabresi, nei confronti degli italiani. All’attuale Presidente della Regione Mario Oliverio, allora Presidente della provincia di Cosenza, che mi chiese di potermi accompagnare perché a Marcinelle erano morti molti operai del suo paese, S. Giovanni in Fiore, dissi che sarebbe stata una giornata triste. Sapevo però anche che, come calabrese che si accingeva a guidare la propria bistrattata regione, quella giornata, dovevo consumarla tutta. Volevo con quel mio gesto ricordare all’Italia che se è vero che nella nostra terra ci sono tante cose che non vanno, a cominciare dalla criminalità organizzata, è anche vero che moltissimi calabresi hanno dato molto con il proprio lavoro al disegno dell’Italia unita. La stagione politica era all’epoca alimentata dalle polemiche con la Lega. Con quel viaggio intendevo richiamare alla memoria che “il contratto” stipulato nell’immediato dopoguerra con il Belgio era abbastanza semplice nella sua disumanità: tanti erano gli uomini che, rischiando la propria vita, si calavano negli abissi delle miniere tanto era il carbone che veniva dato al nostro paese. C’era poi una doppia stranezza che caratterizzava quello strano baratto. Il carbone che si estraeva a Marcinelle non serviva al Meridione d’Italia, da dove la grande parte dei minatori proveniva, ma serviva al Nord per mettere in moto le grandi fabbriche della pianura padana, spente dalla guerra. Non voglio fare polemiche. Ricordo solamente che questo è stato. La seconda stranezza era che quel contratto era stato promosso da un uomo come De Gasperi che era un cattolico a tutto tondo come non ce ne sono più stati nella Democrazia cristiana, il suo partito di provenienza”

-          Una ferita profonda che ancora oggi interpella la nostra coscienza soprattutto alla luce della drammatica emigrazione di ritorno?

“Purtroppo non interpella nessuno. La verità come valore è scomparsa da tempo dal nostro orizzonte. Non c’è mai stata un’epoca in cui si sono dette tante bugie quante se ne dicono oggi. Siamo pieni di fake news. Chi vuole che ricordi questi fatti lontani…”

-          Per capire i fenomeni di oggi occorrerebbe ripercorrere quella storia. Però si ha l’impressione che in giro ci sia molta memoria corta.

“Anche la memoria in questo nostro tempo è stata fatta fuori. La supremazia delle immagini sulla parola scritta ha paradossalmente creato ricordi evanescenti, che non lasciano tracce. Abbiamo visto naufragare la funzione della memoria che dovrebbe sempre svolgere una funzione pedagogica, ricordarci un’eredità. Tutto svanito”

A cura di Francesco Garofalo