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Una superba mostra di Lampronti alla Reggia di Caserta

Artemisia Gentileschi - Betsabea al bagno.jpgPer oltre tre mesi si potrà ammirare nella Reggia di Caserta una mostra di oltre 100 dipinti appartenenti ad uno dei più importanti antiquari presenti sul mercato internazionale: Cesare Lampronti. L’esposizione comprende quadri appartenenti a varie scuole pittoriche sia del Seicento che del Settecento, come fa presagire il titolo: Da Artemisia ad Hackert, ma noi nel nostro modesto contributo illustreremo, salvo rare eccezioni, unicamente opere del secolo d’oro della pittura napoletana.

Cominciamo la nostra entusiasmante carrellata con il quadro di copertina: Betsabea al bagno, che mette in risalto la nota abilità della pittrice ad eseguire sensuali nudi femminili. Rappresenta una replica con varianti della celebre tela conservata a Columbus nel Museum of fine arts ed appartiene al periodo del soggiorno napoletano dell’artista. Una bellezza solare si irradia dalle nudità di Betsabea con una prodigalità intensa nel dispensare i più golosi piaceri all’occhio dell’osservatore; una scena da raffinato voyeur, che avrà fatto la gioia di qualche ricco collezionato dai gusti raffinati.

Per rimanere nel campo della delicatezza proponiamo due opere di Bernardo Cavallino: una Allegoria della pittura ed una Adorazione dei pastori, entrambe appartenenti agli anni giovani dell’attività dell’artista, un vero poeta per delicatezza di tocco ed eleganza nella composizione.

Passiamo ora ad un gigante indiscusso del secolo d’oro: Luca Giordano presente con tre esibizioni di bravura, partendo da un Diogene alla ricerca della verit, già del famoso antiquario Marco Datrino, che ebbe l’onore di andare in copertina del mio libro Scritti sulla pittura del Seicento e Settecento napoletano III tomo(consultabile in rete digitando il titolo). La tela, eseguita negli anni in cui Luca era influenzato da Jusepe Ribera, si fa apprezzare per una fluente e vividissima condotta pittorica, che a tratti si rischiara nel roseo inatteso degli incarnati e della mano, in altri si ricarica di una lucidissima verità, come sul metallo della lanterna. Per le altre due realizzazioni del Giordano, una coppia di raffinati olii su vetro, raffiguranti Ercole ed Onfale ed Aurora e Cefalo rimaniamo muti e facciamo parlare la lucentezza abbagliante delle figure.

Rimanendo nel campo dei pendant proponiamo ora al lettore due Vanitas che se non fossero attribuite a Francesco Solimena da Nicola Spinosa, massimo esperto dell’artista ed autore di una recente ponderosa monografia sull’autore, avrebbero fatto sorgere qualche dubbio a “semplici dilettanti” come me medesimo.

Superbi viceversa i due martiri di Micco Spadaro repliche con varianti di opere note dell’artista, che incutono nell’osservatore un senso di smarrimento e nello stesso tempo di ammirazione per la pennellata sciolta e garbata dell’esecutore.

Anche di Andrea Vaccaro sono esposti due quadri, anche se di soggetto diverso, un Salomè con la testa del Battista ritenuto nella scheda del catalogo eseguito in collaborazione con il figlio Nicola ed uno splendido Matrimonio mistico di S. Caterina siglato, già da me pubblicato nella mia monografia sul pittore.

Pure Massimo Stanzione è presente con due tele, un capolavoro rappresentato dall’Annuncio a Zaccaria consevato in una raccolta spagnola ed un Ritratto di dama con breviario già di proprietà della nobile famiglia Sanseverino, come si arguisce dallo stemma araldico presente nella composizione, che a nostro modesto parere non è autografo.

Sempre in tema di coppia presentiamo ora due interessanti nature morte, già illustrate nella mia monografia sull’argomento: una sontuosa Ghirlanda di fiori eseguita da Paolo Porpora ed una appetitosa Composizione di frutta prodotta dal virtuoso pennello di Giuseppe Ruoppolo.

Tra gli allievi di Ribera vi è una splendida Incredulità di San Tommaso opera di Francesco Fracanzano e da me pubblicata a pag.10 della mia monografia sull’artista ed un’inedita composizione del Maestro dell’annuncio ai pastori, che finalmente, dopo i documenti da me resi noti, possiamo chiamare col suo vero nome: Bartolomeo Passante (con la P e non la B come indicato da altri studiosi).

Dal volto sofferto dal quale trapela amarezza e dolore un Ecce Homo eseguito da Mattia Preti durante il soggiorno all’ombra del Vesuvio.

Passiamo ora a Salvator Rosa presente con tre capolavori ed un quadro con attribuzione sbagliata, che grida vendetta e di cui parleremo in seguito. Partiamo da un Carnefice con la testa del Battista di rara potenza espressiva, seguito da due romantici paesaggi una specialità prediletta dal poliedrico artista. Ed esaminiamo ora il dipinto incriminato  erroneamente indicato come martirio di S. Agata, mentre viceversa raffigura il supplizio di S. Apollonia, come capirebbe anche una bizoca o un parroco di campagna; infatti alla prima furono amputati i seni, mentre alla seconda asportati i denti e poscia, se non avesse bestemmiato, a piacere  Dio o la Madonna, sarebbe stata bruciata viva (come si evince dal cavadenti e dal legname posti in basso nella composizione). Il dipinto è stato donato alla Reggia e notificato dallo Stato come opera di Salvator Rosa, mentre è stato eseguito da Agostino Beltrano. Per chi volesse approfondire l’argomento basta cliccare quì.


I lettori ci permetteranno una escursione nella pittura bolognese, ma l’Allegoria della vita di Guido Cagnacci possiede attributi anatomici di tale potenza, che non ammettono repliche.

Ci portiamo ora nel Settecento per un omaggio a Corrado Giaquinto in mostra con un superbo dipinto ringraziamo il Vanvitelli per un’immagine della Riviera di Chiaia che pochi ricordano e concludiamo in bellezza con Il porto di Salerno visto da Vietri sul mare del sommo Hachert, che fa crepare di invidia le altre vedute dell’artista incluse nella collezione permanente della Reggia di Caserta.

Achille della Ragione

NB: Tutti i dipinti citati nell’articolo, i lettori possono ammirarli nel catalogo che pubblichiamo nell’allegato.

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