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Una coppia di dipinti erotici di Giacinto Diano

Copertina catalogo.png(Fig.1) I due dipinti di cui parleremo in questo articolo furono presentati alla mitica asta dei beni appartenuti al comandante Achille Lauro,
tenutasi il 25 ottobre del 1984 nei fastosi saloni della villa dell’illustre personaggio. Presentati come autografi di Giacinto Diano (lotto 353 A – B), provenivano da una prestigiosa raccolta napoletana, che possedeva un expertise scritto da Raffaello Causa, che, oltre a descrivere minuziosamente le due tele, ne definiva l’autore, il Diano, “il maggiore tra i pittori  attivi a Napoli nella seconda metà del Settecento”.
Battitore Marco Semenzato, abile, alternando variazioni nel tono della voce a brevi pause che invitavano alla meditazione, a far lievitare i
prezzi di aggiudicazione dei quadri, come avvenne nel caso dei dipinti
in esame, che raggiunsero una quotazione molto alta.
Quando nel 1997 fu stilato il catalogo(fig. 1) della collezione ove
erano pervenuti fu invitato ad esprimere un parere il sovrintendente
Nicola Spinosa, il quale dubitò della paternità del Diano e ritenne
che i due capolavori dovessero essere assegnati a Giuseppe Cammarano,
allievo del Diano e padre dell’ottocentista Michele, ben più famoso di
lui.
In seguito sono stati visionati da celebri docenti da Pacelli a
Pavone, da Fiorillo a Di Loreto ed esperti antiquari come Porcini,
Gargiulo e Datrino, il quali hanno tutti affermato perentoriamente
trattarsi di autografi di Giacinto Diano.
I due pendant di raffinato effetto decorativo, ideati probabilmente
come sovrapporte, mostrano una grazia lineare nelle figure dei
personaggi che si dipana garbatamente, rappresentando un esempio
pregevole dell’eleganza formale a cui l’artista era pervenuto nella
sua pittura con un felice compromesso tra la tradizione locale e le
nuove istanze neoclassiche.
La materia pittorica viene resa dall’artista in maniera tersa e
trasparente per effetto di una felice apertura al clima
classicheggiante instauratosi a Napoli nella seconda metà del
Settecento.
Le due scenette mitologiche sono ambientate in un recesso
idillicamente ameno, di sapore dolcemente arcadico.
Nella prima(fig. 2) è la divinità che si accosta premurosa verso la
ninfa discinta ed apparentemente assorta in altri pensieri, per
reclamare imperiosamente il dono dell’amore, nella seconda (fig. 3) è
la ninfa che si avvicina maliziosa, protesa ad accarezzare e provare
godimento e a darne.
Nella prima Cupido è pronto a scoccare la sua freccia erotica e
birichina, per favorire il dio fluviale nell’espletamento del suo
progetto penetrativo, nella seconda assiste dall’alto un angioletto
pronto, con delle corone di alloro a cingere e suggellare il
compimento del  gesto amoroso.
Il turrito paesaggio sullo sfondo si sposta da sinistra verso destra
come se dipendesse dalla prorompente forza dinamica che emana da colui
che presiede all’iniziativa amorosa, compenetrandosi nelle sofferte
pene del cuore e fornendo così una partecipazione d’assieme in
concerto con il fluire copioso dell’acqua, che pare simboleggiare con
la sua fresca e piena abbondanza il completamento e l’esecuzione
dell’atto d’amore.

Achille Della Ragione

(fig. 2 - Dio fluviale tenta una  ninfa - 81 - 120 -  Napoli collezione della Ragione)

(fig. 3 - Dio fluviale tentato da una ninfa - 81 - 120 - Napoli collezione della Ragione)

fig. 3 - Dio fluviale tentato da una ninfa - 81 - 120 - Napoli collezione della Ragione.jpg

 

 

 

 

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