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Quando e come finirà l’isolamento?

isolamento.jpgL'articolo che segue è apparso sul quotidiano francese "Le Monde" il 10 Aprile scorso, alla stesura hanno collaborato i giornalisti

Quando parliamo della fine delle misure di contenimento del nuovo coronavirus, quello che dovremmo chiederci non è solo “quando”, ma “come”. Con il passare delle settimane si va delineando uno scenario più complesso della semplice revoca delle misure contro il covid-19, che la Francia ha adottato il 17 marzo.

L’isolamento, che sarà probabilmente esteso oltre il 15 aprile, potrà essere interrotto solo “in modo progressivo”, ha avvertito il 2 aprile il primo ministro francese Édouard Philippe. E anche se in Francia le modalità per uscire da questa situazione eccezionale sono tutt’altro che definite, è certo che la minaccia del virus Sars-cov-2 rimarrà ancora presente, ponendo numerosi interrogativi.

Cosa succede se si revoca all’improvviso l’isolamento?

Le misure di contenimento sono state decise in un contesto di diffusione esponenziale del virus. A metà marzo si riteneva che ogni malato potesse contagiare in media tre persone.

Limitando i contatti, si riduce il numero di contagi. Se il contenimento è efficace, si dovrebbe osservare nel corso di aprile una stabilizzazione e poi una riduzione del numero di malati. In questo caso avremo superato il “picco epidemico”.

Questa buona notizia comporta però delle difficoltà future. Una fine brusca e non ben pianificata delle misure di contenimento potrebbe rilanciare l’epidemia. Di fatto una parte importante delle persone confinate è contagiosa – talvolta senza neanche saperlo, perché gran parte dei portatori del virus non presenta sintomi. Se si dovessero mescolare con il resto della popolazione, queste persone rischierebbero di contagiarne altre, alimentando di nuovo la diffusione del virus.

Inoltre il problema non si ferma alle frontiere francesi. Anche se il virus scomparisse dal territorio nazionale, rischierebbe di essere di nuovo importato da persone provenienti dall’estero. In questo caso basterebbe un numero ridotto di casi per far ripartire l’epidemia. Si rischierebbe una “seconda ondata”.

Questa ripresa potrebbe arrivare subito dopo la fine dell’isolamento oppure molto tempo dopo. Nell’ipotesi – per il momento piuttosto improbabile – in cui il nuovo coronavirus dovesse recedere in estate a causa del caldo, potrebbe ricomparire con l’arrivo dell’inverno.

Allora qual è la soluzione per eliminare il virus?

Per arrivare a un’eradicazione completa del Sars-cov-2 è necessario che la popolazione sia immunizzata, cioè che il sistema immunitario delle persone sia preparato a resistere a una nuova aggressione del virus. Per ora solo le persone che sono entrate in contatto con il virus – e che sono sopravvissute – hanno prodotto gli anticorpi in grado di fornire questa protezione.

Esiste in teoria una seconda possibilità che cambierebbe radicalmente la situazione: la vaccinazione. Si introduce una forma non attiva o indebolita del virus nell’organismo del paziente per stimolarne le difese. Questo gli permette di sviluppare un’immunità senza ammalarsi.

Il problema è che per ora non abbiamo un vaccino contro il Sars-cov-2 e che nonostante gli sforzi dei ricercatori, questo non sarà pronto probabilmente prima di un anno. Per il momento possiamo contare solo sulla protezione naturale delle persone già contagiate.

Per fortuna non è necessario che l’intera popolazione sia immunizzata per evitare che il virus circoli in modo epidemico. Secondo gli esperti, nel caso del Sars-cov-2 è sufficiente una percentuale del 60-70 per cento della popolazione.

È la cosiddetta “immunità di gregge”: quando si raggiunge un certo livello di protezione nella popolazione (che è diverso da una malattia infettiva all’altra), la diffusione del virus si blocca. È in questo modo che molte malattie sono (quasi) scomparse grazie alla vaccinazione di gran parte della popolazione.

Tuttavia limitarsi ad aspettare che la popolazione raggiunga la soglia dell’immunità collettiva è un’opzione rischiosa. Un’ipotesi del genere comporterebbe il contagio di almeno 40 milioni di francesi, cosa che potrebbe provocare centinaia di migliaia di morti. Il Regno Unito e i Paesi Bassi, che all’inizio avevano sostenuto questa strategia, hanno cambiato idea, e ormai nell’Unione europea solo la Svezia punta ancora sull’immunità collettiva per superare la crisi sanitaria senza imporre l’isolamento.

Un altro problema è che non c’è ancora certezza su quanto dura l’immunità acquisita dalle persone guarite dal covid-19. Non sappiamo se durerà settimane, mesi o anni. È presto per dirlo, e non è impossibile che il ceppo del Sars-cov-2 possa mutare – rimettendo in discussione l’immunità delle persone già infettate – come succede con l’influenza stagionale.

Cosa fare se non si può debellare il virus?

Se non è possibile eliminare completamente il virus, resta un piano B: cercare di limitarne la diffusione e le conseguenze.

Curare i malati
La prima soluzione è ovviamente cercare delle terapie per curare i malati. Questo avrebbe diversi aspetti positivi:

  • ridurre il numero di casi gravi e mortali;
  • limitare la durata dei ricoveri e quindi la pressione sugli ospedali;
  • utilizzare dei trattamenti “preventivi” per ridurre la carica virale nell’organismo dei malati e quindi la loro contagiosità.

Sono in corso test clinici su vasta scala per cercare di identificare le migliori strategie mediche contro il virus. Si è parlato molto dell’idrossiclorochina, ma sono allo studio anche altri farmaci meno noti come il remdesivir del laboratorio Gilead, o il Kaletra (lopinavir e ritonavir) del laboratorio AbbVie. I risultati però non saranno noti prima di settimane, se non mesi.

Rallentare l’epidemia
Se si parte dal presupposto che gran parte della popolazione sarà comunque infettata e che alcuni svilupperanno forme gravi della malattia, si può almeno cercare di diluire l’epidemia nel tempo per evitare di sovraccaricare gli ospedali. Più si “appiattisce la curva”, più si alleggerisce la pressione sui reparti di terapia intensiva.

Questa è la strategia di contenimento generalizzato scelta dal governo francese e da molti altri paesi nel mondo. Ma visto che non potrà durare per sempre, diverse ipotesi sono allo studio per il periodo successivo.

“Stop and go”
Anziché prolungare l’isolamento per mesi, si potrebbero alternare periodi di contenimento a periodi di ritorno alla “normalità”. In questo caso le misure di contenimento sarebbero ripristinate a ogni ripresa dell’epidemia per limitare la saturazione degli ospedali. Un’alternanza che potrebbe andare avanti fino alla scoperta di un vaccino o al raggiungimento dell’immunità di gregge. È quello che gli esperti chiamano “stop and go”.

Ma questa strategia comporta il rischio di mettere la popolazione di fronte a una lunga serie di periodi di isolamento. Uno studio pubblicato in anteprima il 24 marzo da alcuni ricercatori di Harvard ritiene che, per come stanno le cose oggi, negli Stati Uniti le misure di distanziamento sociale potrebbero essere necessarie fino al 2022.

Isolamento localizzato
Si tratterebbe di revocare le misure di contenimento nelle regioni che hanno superato il picco dell’epidemia, dove gli ospedali non sono più oberati di lavoro. L’isolamento sarebbe invece mantenuto nei focolai attivi, dove il rischio di contagio è più forte. Se la situazione dovesse migliorare nettamente nelle regioni colpite per prime, queste potrebbero essere fra le prime a uscire dall’isolamento. Questa ipotesi sembra essere stata presa in considerazione dal governo francese, che lavora sulla “possibilità di togliere le misure di contenimento su scala regionale”. L’accademia nazionale di medicina lo ha affermato chiaramente in un comunicato del 5 aprile.

Resta da capire come lo stato potrebbe controllare i movimenti della popolazione tra le regioni, che ovviamente non hanno confini. In un’ipotesi del genere sembra probabile che i trasporti ferroviari e aerei saranno ridotti al minimo per scoraggiare gli spostamenti.

Misure di contenimento mirate
L’idea sarebbe di dividere la popolazione in due. In questo caso verrebbero mantenuti in isolamento:

  • i malati, per evitare che trasmettano il virus;
  • i soggetti a rischio: persone anziane e con problemi di salute, individui con patologie respiratorie, donne incinte e così via.

Verrebbero invece revocate le misure di contenimento per:

  • le persone immunizzate e non più contagiose;
  • i soggetti meno a rischio, che hanno meno possibilità di sviluppare forme gravi della malattia.

In questo modo si costituirebbe progressivamente un’immunità di gregge, ma con un numero di morti limitato.

Questa strategia, in apparenza allettante, può rivelarsi complicata da mettere in pratica.

Prima di tutto non bisogna sottovalutare le conseguenze sociali e psicologiche di un isolamento a lungo termine della popolazione e la difficoltà di farlo accettare. Ma soprattutto l’isolamento mirato non è infallibile, perché è necessario che il personale medico si occupi delle persone confinate. Nonostante le grandi precauzioni, il virus si è ampiamente diffuso nelle case di riposo francesi provocando almeno 2.189 morti (dati del 6 aprile).

Milano, 27 marzo 2020. (Lorenzo Palizzolo, Getty Images)

Coronavirus

Quando e come finirà l’isolamento?

Maxime Vaudano, Adrien Sénécat, Jérémie Baruch, Agathe Dahyot, Le Monde, Francia

10 aprile 2020

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Quando parliamo della fine delle misure di contenimento del nuovo coronavirus, quello che dovremmo chiederci non è solo “quando”, ma “come”. Con il passare delle settimane si va delineando uno scenario più complesso della semplice revoca delle misure contro il covid-19, che la Francia ha adottato il 17 marzo.

L’isolamento, che sarà probabilmente esteso oltre il 15 aprile, potrà essere interrotto solo “in modo progressivo”, ha avvertito il 2 aprile il primo ministro francese Édouard Philippe. E anche se in Francia le modalità per uscire da questa situazione eccezionale sono tutt’altro che definite, è certo che la minaccia del virus Sars-cov-2 rimarrà ancora presente, ponendo numerosi interrogativi.

Cosa succede se si revoca all’improvviso l’isolamento?

Le misure di contenimento sono state decise in un contesto di diffusione esponenziale del virus. A metà marzo si riteneva che ogni malato potesse contagiare in media tre persone.

Limitando i contatti, si riduce il numero di contagi. Se il contenimento è efficace, si dovrebbe osservare nel corso di aprile una stabilizzazione e poi una riduzione del numero di malati. In questo caso avremo superato il “picco epidemico”.

Questa buona notizia comporta però delle difficoltà future. Una fine brusca e non ben pianificata delle misure di contenimento potrebbe rilanciare l’epidemia. Di fatto una parte importante delle persone confinate è contagiosa – talvolta senza neanche saperlo, perché gran parte dei portatori del virus non presenta sintomi. Se si dovessero mescolare con il resto della popolazione, queste persone rischierebbero di contagiarne altre, alimentando di nuovo la diffusione del virus.

Inoltre il problema non si ferma alle frontiere francesi. Anche se il virus scomparisse dal territorio nazionale, rischierebbe di essere di nuovo importato da persone provenienti dall’estero. In questo caso basterebbe un numero ridotto di casi per far ripartire l’epidemia. Si rischierebbe una “seconda ondata”.

Questa ripresa potrebbe arrivare subito dopo la fine dell’isolamento oppure molto tempo dopo. Nell’ipotesi – per il momento piuttosto improbabile – in cui il nuovo coronavirus dovesse recedere in estate a causa del caldo, potrebbe ricomparire con l’arrivo dell’inverno.

Allora qual è la soluzione per eliminare il virus?

Per arrivare a un’eradicazione completa del Sars-cov-2 è necessario che la popolazione sia immunizzata, cioè che il sistema immunitario delle persone sia preparato a resistere a una nuova aggressione del virus. Per ora solo le persone che sono entrate in contatto con il virus – e che sono sopravvissute – hanno prodotto gli anticorpi in grado di fornire questa protezione.

Esiste in teoria una seconda possibilità che cambierebbe radicalmente la situazione: la vaccinazione. Si introduce una forma non attiva o indebolita del virus nell’organismo del paziente per stimolarne le difese. Questo gli permette di sviluppare un’immunità senza ammalarsi.

Il problema è che per ora non abbiamo un vaccino contro il Sars-cov-2 e che nonostante gli sforzi dei ricercatori, questo non sarà pronto probabilmente prima di un anno. Per il momento possiamo contare solo sulla protezione naturale delle persone già contagiate.

Per fortuna non è necessario che l’intera popolazione sia immunizzata per evitare che il virus circoli in modo epidemico. Secondo gli esperti, nel caso del Sars-cov-2 è sufficiente una percentuale del 60-70 per cento della popolazione.

È la cosiddetta “immunità di gregge”: quando si raggiunge un certo livello di protezione nella popolazione (che è diverso da una malattia infettiva all’altra), la diffusione del virus si blocca. È in questo modo che molte malattie sono (quasi) scomparse grazie alla vaccinazione di gran parte della popolazione.

Tuttavia limitarsi ad aspettare che la popolazione raggiunga la soglia dell’immunità collettiva è un’opzione rischiosa. Un’ipotesi del genere comporterebbe il contagio di almeno 40 milioni di francesi, cosa che potrebbe provocare centinaia di migliaia di morti. Il Regno Unito e i Paesi Bassi, che all’inizio avevano sostenuto questa strategia, hanno cambiato idea, e ormai nell’Unione europea solo la Svezia punta ancora sull’immunità collettiva per superare la crisi sanitaria senza imporre l’isolamento.

Un altro problema è che non c’è ancora certezza su quanto dura l’immunità acquisita dalle persone guarite dal covid-19. Non sappiamo se durerà settimane, mesi o anni. È presto per dirlo, e non è impossibile che il ceppo del Sars-cov-2 possa mutare – rimettendo in discussione l’immunità delle persone già infettate – come succede con l’influenza stagionale.

Cosa fare se non si può debellare il virus?

Se non è possibile eliminare completamente il virus, resta un piano B: cercare di limitarne la diffusione e le conseguenze.

Curare i malati
La prima soluzione è ovviamente cercare delle terapie per curare i malati. Questo avrebbe diversi aspetti positivi:

  • ridurre il numero di casi gravi e mortali;
  • limitare la durata dei ricoveri e quindi la pressione sugli ospedali;
  • utilizzare dei trattamenti “preventivi” per ridurre la carica virale nell’organismo dei malati e quindi la loro contagiosità.

Sono in corso test clinici su vasta scala per cercare di identificare le migliori strategie mediche contro il virus. Si è parlato molto dell’idrossiclorochina, ma sono allo studio anche altri farmaci meno noti come il remdesivir del laboratorio Gilead, o il Kaletra (lopinavir e ritonavir) del laboratorio AbbVie. I risultati però non saranno noti prima di settimane, se non mesi.

Rallentare l’epidemia
Se si parte dal presupposto che gran parte della popolazione sarà comunque infettata e che alcuni svilupperanno forme gravi della malattia, si può almeno cercare di diluire l’epidemia nel tempo per evitare di sovraccaricare gli ospedali. Più si “appiattisce la curva”, più si alleggerisce la pressione sui reparti di terapia intensiva.

Questa è la strategia di contenimento generalizzato scelta dal governo francese e da molti altri paesi nel mondo. Ma visto che non potrà durare per sempre, diverse ipotesi sono allo studio per il periodo successivo.

“Stop and go”
Anziché prolungare l’isolamento per mesi, si potrebbero alternare periodi di contenimento a periodi di ritorno alla “normalità”. In questo caso le misure di contenimento sarebbero ripristinate a ogni ripresa dell’epidemia per limitare la saturazione degli ospedali. Un’alternanza che potrebbe andare avanti fino alla scoperta di un vaccino o al raggiungimento dell’immunità di gregge. È quello che gli esperti chiamano “stop and go”.

Ma questa strategia comporta il rischio di mettere la popolazione di fronte a una lunga serie di periodi di isolamento. Uno studio pubblicato in anteprima il 24 marzo da alcuni ricercatori di Harvard ritiene che, per come stanno le cose oggi, negli Stati Uniti le misure di distanziamento sociale potrebbero essere necessarie fino al 2022.

Isolamento localizzato
Si tratterebbe di revocare le misure di contenimento nelle regioni che hanno superato il picco dell’epidemia, dove gli ospedali non sono più oberati di lavoro. L’isolamento sarebbe invece mantenuto nei focolai attivi, dove il rischio di contagio è più forte. Se la situazione dovesse migliorare nettamente nelle regioni colpite per prime, queste potrebbero essere fra le prime a uscire dall’isolamento. Questa ipotesi sembra essere stata presa in considerazione dal governo francese, che lavora sulla “possibilità di togliere le misure di contenimento su scala regionale”. L’accademia nazionale di medicina lo ha affermato chiaramente in un comunicato del 5 aprile.

Resta da capire come lo stato potrebbe controllare i movimenti della popolazione tra le regioni, che ovviamente non hanno confini. In un’ipotesi del genere sembra probabile che i trasporti ferroviari e aerei saranno ridotti al minimo per scoraggiare gli spostamenti.

Misure di contenimento mirate
L’idea sarebbe di dividere la popolazione in due. In questo caso verrebbero mantenuti in isolamento:

  • i malati, per evitare che trasmettano il virus;
  • i soggetti a rischio: persone anziane e con problemi di salute, individui con patologie respiratorie, donne incinte e così via.

Verrebbero invece revocate le misure di contenimento per:

  • le persone immunizzate e non più contagiose;
  • i soggetti meno a rischio, che hanno meno possibilità di sviluppare forme gravi della malattia.

In questo modo si costituirebbe progressivamente un’immunità di gregge, ma con un numero di morti limitato.

Questa strategia, in apparenza allettante, può rivelarsi complicata da mettere in pratica.

Prima di tutto non bisogna sottovalutare le conseguenze sociali e psicologiche di un isolamento a lungo termine della popolazione e la difficoltà di farlo accettare. Ma soprattutto l’isolamento mirato non è infallibile, perché è necessario che il personale medico si occupi delle persone confinate. Nonostante le grandi precauzioni, il virus si è ampiamente diffuso nelle case di riposo francesi provocando almeno 2.189 morti (dati del 6 aprile).

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Inoltre diversi esempi hanno purtroppo dimostrato che essere giovani e in buona salute non garantisce una protezione completa contro le forme gravi della malattia.

Infine, se si revocano le misure di contenimento i portatori sani del virus, che ignorano di essere contagiosi, rischiano di infettare il resto della popolazione.

Screening su vasta scala con tracciamento e isolamento
Per questo motivo molti paesi stanno prendendo in considerazione una strategia più articolata, sull’esempio di quella della Corea del Sud, che si basa su tre punti: screening di massa, isolamento delle persone infettate e tracciamento dei loro contatti.

Una campagna di test su vasta scala della popolazione permetterebbe di identificare:

  • i portatori attivi del virus (che dovrebbero rimanere isolati perché contagiosi);
  • le persone non infettate (potenzialmente a rischio);
  • le persone immunizzate (che potrebbero uscire).

Resta da capire se la Francia ha i mezzi per fare milioni di test, che andrebbero ripetuti a scadenze regolari per controllare di nuovo quelli che non hanno contratto il virus. Per mancanza di mezzi, finora le autorità sanitarie hanno scelto di controllare solo i casi gravi. I test andrebbero eseguiti anche sui pazienti con sintomi limitati o assenti per misurare l’immunità di gregge. Anche se il governo francese punta ad aumentare sensibilmente il numero di test nelle prossime settimane, non è detto che sia sufficiente.

Il secondo punto consiste nell’istituire un sistema di tracciamento delle persone infettate. L’idea è risalire la catena dei contatti recenti del paziente ammalato per individuare le persone a cui ha potuto trasmettere il virus, così da tracciarle a loro volta o metterle in quarantena.

Un tale lavoro di analisi dei “cluster di contagio” è stato fatto caso per caso dalle autorità sanitarie all’inizio dell’epidemia, ma è più difficile da realizzare su vasta scala. Per questo motivo il governo sta pensando di proporre un “tracciamento digitale” attraverso un’app per telefoni. Ma invece di renderlo obbligatorio, come hanno fatto a Taiwan o in Corea del Sud, il governo francese ipotizza di proporlo su base volontaria per rispettare la privacy.

Mantenimento delle misure di distanziamento sociale
Anche se le misure di contenimento saranno parzialmente o completamente revocate, è possibile che siano mantenute quelle di distanziamento sociale, come il divieto di assembramento, la chiusura delle scuole e dei bar.

È anche possibile rendere obbligatorie le mascherine negli spazi pubblici, come hanno fatto diversi paesi dell’Europa centrale.

In ogni caso sarà fondamentale continuare a utilizzare il più a lungo possibile i cosiddetti “gesti barriera” per limitare il contagio. Dobbiamo essere consapevoli che il ritorno alla “vita di prima” non avverrà in tempi brevi, come ha detto il primo ministro francese Édouard Philippe: “È una lotta lunga e difficile, che comporterà cattive notizie e delusioni”.

(Traduzione di Andrea De Ritis)

Questo articolo è uscito sul quotidiano francese Le Monde.

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