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Michele Tedesco: Il pittore di Sibari

MicheleTedescofoto.jpgMICHELE TEDESCO, L’ ARTISTA LUCANO DELL’OTTOCENTO DEFINITO “IL PITTORE DI SIBARI” PER UN SUO DIPINTO ISPIRATO ALLA CELEBRE CITTA’ MAGNOGRECA

Sibari, unanimemente ritenuta la più raffinata città della Magna Grecia, con la sua ricchezza ed opulenza, con il lusso e la mollezza dei suoi abitanti, ha da sempre destato la curiosità e l’interesse degli scrittori di ogni tempo, che hanno versato fiumi d’inchiostro per descrivere i modi di vita altamente raffinati, i vizi , i difetti e le vanità della società sibarita, contrapponendola a quella della polis “sorella” di Crotone, nota, invece, per la morigeratezza dei costumi dei suoi abitanti, per la bellezza delle sue donne e per i suoi atleti, che per anni primeggiarono ai Giochi di Olimpia,ma soprattutto per aver accolto, nel 530 a.C., il filosofo e matematico Pitagora, che vi fondò un’importante scuola filosofica, che incise profondamente sulla vita civile e politica della città e ne fece il maggiore centro di cultura filosofica e scientifica della Magna Grecia. Ma il fascino di Sibari non ha ispirato soltanto poeti e scrittori, ma anche artisti, pittori e disegnatori in specie, che hanno voluto “raccontarla”, con i loro strumenti: la pittura o il disegno appunto. Ed è di uno di questi artisti che vogliamo occuparci in questa nostra nota. Si tratta di un pittore lucano dell’Ottocento, noto e stimato ai suoi tempi, ma oggi piuttosto dimenticato: Michele Tedesco, nato a Moliterno (PZ) nel 1834 e morto a Napoli nel 1917, autore di numerosissimi pregevoli dipinti conservati in diversi musei e gallerie d’arte, tra cui una monumentale tela intitolata “Sibari”, dipinta a Portici (NA) verso il 1887, attualmente esposta nella Guildhall Art Gallery di Londra, sulla quale ci soffermeremo, dopo aver tratteggiato la vita e il percorso artistico del pittore lucano.

foto: MicheleTedesco, "Invasione di una scuola pitagorica in Sibari"

La vita e l’opera

Michele Tedesco nasce il 24 agosto 1834 a Moliterno, in Basilicata. Giovanissimo rivela la sua attitudine per il disegno. Trascorre i primi anni della formazione a Spinoso (PZ) sotto la guida dello zio Abate Antonio Racioppi, figura di primissimo piano nella cultura del tempo e appassionato pedagogista di idee liberali. Insieme al cugino Giacomo Racioppi nel 1842 segue lo zio a Napoli. Nel ‘48, partecipa ai moti rivoluzionari. Arrestato per reati politici e poi liberato per insufficienza di prove, riprende l’attività artistica frequentando il Regio Istituto di Belle Arti, con il sostegno della Provincia di Basilicata. In quegli anni di cospirazione politica e intellettuale ha rapporti con Cefaly, Morelli, Palizzi e gli altri pittori del Vicolo San Mattia, fucina di rinnovamento artistico e culturale.

Sul finire del ’60 Tedesco si arruola nella Guardia Nazionale e approda a Firenze, dove incontra gli artisti del Caffè Michelangelo. Nel periodo fiorentino esegue diversi dipinti dedicati alla figura di Dante, mutuati dal punto di vista iconografico dalla “Vita Nova” piuttosto che dalla “Divina Commedia”, come La giovinezza di Dante Alighieri; Gli amici di Dante giovinetto. Nel 1861 è ancora in Toscana, a Castiglioncello, con Abbati, Signorini e Diego Martelli. Inizia qui una fase di chiara impronta macchiaiola mentre con continuità si dedica ad approfondire i maestri della pittura toscana del Quattrocento. Questa ricerca si tradurrà in una raffigurazione simbolica in chiave intimista che esplorerà in particolare i sentimenti delle donne, ritratte nei vari momenti di vita quotidiana. Dopo la fase macchiaiola, l’arte del pittore lucano si caratterizza per una composizione forbita e misurata e un linguaggio colto e raffinato, aperto alle influenze dei pittori inglesi e tedeschi. Anche la dimensione dei dipinti muta, passando dalle piccole tavolette macchiaiole al grande formato suggeritogli dalle imponenti tele ammirate in Germania.In questi anni Tedesco viaggia molto ed espone in diverse città italiane ed europee, entrando peraltro in contatto con i circoli artistici tedeschi e vittoriani di Londra.
Nel 1873 sposa la pittrice tedesca Giulia Hoffmann e di lì a poco lascia Firenze. Dopo un breve soggiorno a Roma, Tedesco e la moglie si stabiliscono a Portici. Tedesco è presente all’Esposizione Nazionale di Napoli del ‘77 e a quella Universale di Parigi del ‘78; nel 1880 è alla Nazionale di Torino ; nel 1887 partecipa alla Mostra Nazionale di Venezia e nell’88 a quella di Bologna. E, successivamente, all’Esposizione Italiana di Londra, città alla quale, in segno di gratitudine, il Governo italiano donerà la monumentale tela de “I Sibariti” .

Alla mostra Nazionale di Palermo ottiene la medaglia d’argento con il dipinto Il Testamento, che aveva già attirato l’attenzione della critica a Roma nell’83 e a Brera nel ‘91. Dal 1894 è professore di disegno dalla statua all’Accademia di Belle Arti di Napoli; instancabile, continua ad animare il dibattito sulle sorti dell’arte italiana, definendosi un antimorelliano.

Nel 1903 realizza un dipinto celebrativo della visita di Zanardelli in Basilicata e
Nel 1912 il calabrese Alfonso Frangipane, pittore, decoratore, critico e storico dell’arte, ch’era stato suo allievo a Napoli, nei primi anni del secolo, traccia di lui questo ritratto fisico: «Dal bel volto… per quegli occhi che mandavano fiamma di pensiero, sembrava che non solo l’amore, ma pure l’ammonimento schietto volesse manifestarsi, imporsi, solcare a fondo nella nostra anima». Tedesco muore a Napoli il 3 febbraio del 1917.

Il pittore di Sibari

Il sopracitato critico d’arte Alfonso Frangipane (1881-1970), fondatore e direttore della rivista d’arte calabrese “Brutium”, formatosi a Napoli alla Regia Accademia di Belle Arti, dove ebbe tra i suoi docenti il pittore lucano , nel 1935 ha dedicato al suo “maestro” un ampio e interessante articolo, con il titolo di “Michele Tedesco, il pittore di Sibari”. Attingendo a questo scritto, vogliamo far conoscere a chi ci legge, l’importanza della storia e del mito di Sibari, fonte d’ispirazione per tanti artisti, Michele Tedesco in primis, che nel 1887 eseguì nella sua dimora di Portici, una grande tela, il cui titolo originale è Invasione di una scuola pitagorica in Sibari, che oggi è esposta a Londra, alla Guidhall Art Gallery.

Secondo Frangipane c’era in Tedesco una “segreta e religiosa passione dell’antichità, che era connaturata ad ogni fibra dell’artista, sorto poco lontano dai templi di Metaponto e dalle plaghe storiche di Grumentum, di Pandosia, di Heraclea, dove sopravviveva memoria di perduti splendori e di auree città sommerse”. Il pittore lucano, pur vivendo lontano dalla sua regione, tornava spesso nella terra nativa, tracciando annotazioni e ricordi sul suo album; forse in quelle suggestive solitudini tante volte lanciò con l’anima il suo grido per risuscitare folle di fantasmi e vestigia di sognata bellezza. “Il contenuto culturale di Tedesco imprimeva alle sue opere la più schietta, spirituale originalità”- scrive Frangipane- , che così continua :“Ad ispirare Tedesco non furono i ruderi di Roma o di Pompei, ma Sibari la misteriosa, fiamma inafferrabile nella storia italica, umanità e intellettualità, ricchezza e felicità sommerse per sempre, non senza, però, lasciare come un lampo, balenante attraverso venticinque secoli, un bagliore lontanissimo e perenne delle loro luci e delle loro bellezze. Sibari lussureggiante, sontuosa di marmi e di vesti, profumata di roseti perenni, non è nella certezza della storia; ma per l’artista il sogno è verità, ed è storia incancellabile di cui si soffre e si gode, si geme e si sorride”. All’epoca in cui il Tedesco dipingeva il suo quadro (1887) iniziavano le prime ricerche archeologiche alla ricerca della città misteriosa, e qualche romantico viaggiatore, come il dotto Lenormant, andava vagando per la plaga triste, invocando le antiche ombre, mentre dagli acquitrini esalava soltanto la morte soffocatrice. Ma il pittore di Moliterno sognava “la città delle rose”, avendo di essa una visione palpitante; e in Napoli pensava profondamente alla plaga lontana dello Jonio. Nella concezione di Sibari, quindi, “si proponeva di rendere le alti voci della città solenne”.Nel dipinto ispirato a Sibari si registra la presenza di due elementi: realtà e idea, verità e simbolo, l’elemento fantastico e quello veristico. Scrive Frangipane che ”la ricostruzione idealistica di Sibari ha linee vaste; il quadro è aperto in profondità con sfondi templari ampi e solenni; gruppi di traverso, in un primo piano evocante Sibari opulenta, rendono la confusione di una folla di uomini e di carri sul nodo di una via, e sono carri colmi di ogni grazia della natura, fanciulle, fiori, frutta, tappeti, vasi, armenti, orci, spiche”. “Tanta ricchezza- continua il critico calabrese – si riversa sul Foro sibarita, mentre ai piedi dei sacrari, addossata allo stilobate e sotto un ampio baldacchino di olmi e di pini, sta la teoria bianca sacerdotale dei pitagorici, spettatori appartati. La ridondanza di tanta vita e di tante energie contrasta con la immobile serenità dei filosofi, che meditano e pacatamente discutono, quasi estranei alla sagra dell’abbondanza e severi dinanzi a quello spettacolo eccitante e meraviglioso. Impressionistica la pittura dello sfondo; forte e di evidenza, e con dettagli in spiccato rilievo, la pittura dei primi piani. Sembra che Tedesco abbia inteso conciliare, in questo dipinto, la sua primissima devozione al vero con la maniera idealistica e idillica che si era formata in Toscana, preoccupandosi di descrivere, con effetto di stupore, la celebrata prosperità di Sibari. E “la scena, sensitiva di georgica e di bucolica virgiliane, è magnificentissima” afferma Frangipane, per il quale dal dipinto Sibari emerge anche “la grandezza spirituale di Sibari, la sua bellezza di pura, essenziale impronta ellenica; l’eleganza suprema della vita fisica, pur in mezzo al vortice della folla inebriata di felicità”. Per il critico calabrese, orgoglioso di averlo avuto come suo “maestro”, Michele Tedesco, raccolse tutto nella sua grande tela Sibari , “un quadro sapiente, un’opera compatta, discosta dal semplicismo dei mezzi giovanili, come dalla stilizzazione baroccheggiante delle pieghe e da altri ammaniera menti della fase assai progredita”. Chiudiamo questa nostra nota storico-critica sulla tela Sibari e sul suo autore Michele Tedesco, a buon diritto definito da Frangipane “il pittore di Sibari”, con un nostro suggerimento, mirato a onorare la memoria del pittore lucano, ingiustamente dimenticato e forse completamente “sconosciuto” ai Sibariti (=cassanesi) di oggi. Perché non intitolargli il piazzale antistante l’attuale Museo Nazionale della Sibaritide ? Si potrebbe anche mettersi in contatto con la Guildhal Art Gallery di Londra e cercare di farsi autorizzare a realizzare con i sofisticati sistemi di riproduzione oggi disponibili, una copia del celebre quadro da collocare nella Sala Conferenze, al piano terra della struttura museale. Giriamo queste nostre sollecitazioni alla autorità competenti, con l’auspicio che siano prese in considerazione.

Franco LIGUORI, storico

Donna sul terrazzo (M.Tedesco)

Donna sul terrazzo (M.Tedesco).jpg

Dopo una visita (dipinto di M.Tedesco)

Dopo una visita (dipinto di M.Tedesco).jpg

MicheleTedesco- Donna che allatta il bambino

 

 

 

 

 

 

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