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Dio mio perché? (Poesia)

contrasto.jpgQuesta poesia parla di sensazioni che l'uomo avverte quando l'età cresce e sente che alcune sue caratteristiche peculiari incominciano a scemare, si rivolge al Dio perenne chiedendo spiegazioni  per quello che gli appare una variazione che gli pesa. Giorni fa un amico diceva: “ma perché un'altra volta a me che ho sofferto già tanto, passa un male e se ne aggiunge un altro”. Come lui tutti noi ci dimentichiamo che la vita ci da breve note di felicità che spesso è difficile cogliere proprio perché questa è impalpabile,  è effimera, un leggero alito di vento, un passaggio tra una nota dolente e una successiva,un’ istantanea  amarezza che la mente appena riesce a recepire. Quella che ci consola da sempre è la presenza della speranza che accomuna tutti gli aspetti della vita, essa ci fa dimenticare i problemi perché crea visioni più serene che ci danno un po’ di pace, anche se sono flebili. Ci dobbiamo accontentare di queste per sorridere anche alla presenza dei problemi, dei dolori, che non ci lasciano e si ripetono continuamente. Ci giova vivere aspettando il nuovo credendo speranzosi  e illudendoci  similmente per quanto ci può dire l’almanacco di un nuovo anno che é sempre fantasioso, pieno di sogni, e, non manca mai, pieno di speranza, che il meglio verrà.(nota dell’autore)

 

 

Dio mio perché?

Dio mio ma perché?

Ora i miei occhi

Non seguono i miei comandi,

Perché ogni tanto scendono lagrime

Che mi bagnano il viso.

Sono Amare, giacché ricordano

Le troppe cose del passato,

Mentre ascolto un canto d’amore,

O, un canto che mi porta per l’universo,

Dove tutto mi parla di te.

Mi parla di stelle, di luna

Durante notti fredde d’inverno,

Di montagne innevate,

Di tramonti d’infinita bellezza,

Dal sapore amaro di nostalgia,

Di albe dorate e scintillante

Sferzate da raggi di sole,

Che mi abbagliano

m’accecano la vista.

So che perderò tutto,

E pur non tremo.

Ma non posso dimenticare,

I volti belli che ho amato,

Accarezzato con tremule mani.

I sogni che facevo da ragazzo,

Perso in un astratto paese lontano

Dalla terra, nel vasto infinito.

E mi seguivano suoni

Che mi avvolgevano in atmosfere

Sconosciute, piene di note strillate

Fortemente verso tutto, tutto,

Anche l’ universo immobile.

Dio mio ma perché?

Le mie gambe ora sono

Molli non hanno l’elasticità,

Scattavano sempre ai ritmi,

Correvano come frecce gettate

Nello spazio del cielo,

Correvano in gara con uccelli liberi,

Gazzelle nelle savane,

Cavalli veloci dalle criniere svolazzanti

nelle grandi praterie con erbe odorose.

Solo la mia testa ora

E’ attenta a tutto, guarda

Curiosa fili di fumo che svaniscono,

Ascolta soffi di vento,

Spifferi sonori nelle finestre

Dai vetri infranti, refoli d’aria senza soste.

Segue le nuvole in cammino per cielo

Infrangendo lo scintillante azzurro

Mentre riversano acqua copiosa,

Neve che copre alberi. case e prati,

Ed anche la mia testa che biancheggia

Pur da sola perché canuta e stanca.

Vorrei non lasciare il mare di note

Di una romanza, di una canzone

Che dolce trasforma il tempo.

I suoni del mare burrascoso

Andare con i perigliosi flutti

Che svaniscono verso il fondo.

Seguire tutto ciò che è canto,

Armonia di note senza soste

In libera Caduta o in viaggio

Per lo spazio che mi circonda.

Sembra che solo questo mi dia

Soddisfazione, gioia, riso, diletto

Anche se vaghi e passeggeri,

Istanti di tempo, follie senili

tra il pensiero e l’andare brioso,

Una fugace felicità effimera.

Non c’è sosta solo l’andare

Ci muove, ci spinge oltre

Dove poi il suono cadrà

Irreperibili saranno le note

Tutte, le gravi, le stridule, le acute.

Michele Miani

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