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Si muore per la libertà in Turchia. Addio a Ebru Timtik

Ebru Timtik.jpgIl 29 Maggio del 1453 le truppe di Maometto II occuparono Costantinopoli, l'imperatore Costantino Dragosete fu tagliato a pezzi con tutta la sua famiglia, 40mila cittadini furono passati a fil di spada e tutti gli altri ridotti in schiavitù. Sono trascorsi 568 anni la Turchia oggi non ha più Emiri e Othman vari assetati di sangue, è una nazione moderna che vorrebbe entrare in Europa, é ricca di intelligenze, di uomini e donne capaci di fare propri e portare avanti ideali democratici, ma chi detiene il potere glielo impedisce, preferisce oscurare, bloccare quell'afflato di libertà che è normale di un paese civile. E così nel 2021 qualcuno deve ancora immolarsi, sacrificando la propria vita, per l'affermazione di quei diritti universali che spettano all'umanità intera. Siamo tutti fratelli e sorelle di Ebru Timtik, vera eroina del nostro tempo, facciamo in modo che il suo sacrificio non sia stato invano, diffondiamo questa notizia in modo virale, che l'Italia tutta sappia quel che succede nel regno di Erdogan, tiranno moderno al quale finora è stata riservata tanta, troppa indulgenza. (A.M.Cavallaro)

Se n’è andata in silenzio, ieri pomeriggio, in una stanza d’ospedale, dove era stata trasferita dal carcere in seguito al precipitare delle sue condizioni.

Se n’è andata al 238esimo di uno sciopero della fame con cui chiedeva un processo equo in un Paese, la Turchia, in cui l’equità e la giustizia sono concetti inesistenti. Specie se sei donna. Specie se sei un’avvocata per i diritti umani. Specie se non pieghi la schiena di fronte a un potere che vorrebbe tapparti la bocca.

È morta così, Ebru Timtik, di fame e di ingiustizia. Il suo cuore si è fermato semplicemente perché non aveva più nulla da pompare in un corpo scarnificato dall’inedia.

È morta per difendere il suo diritto ad un giusto processo, dopo essere stata condannata a 13 anni, insieme ad altri 18 avvocati come lei, detenuti con l’accusa di terrorismo, solo per aver difeso altre persone accusate dello stesso crimine.

È morta come Ibrahim e come Helin e come Mustafa del Grup Yorum, morti dopo 300 giorni di digiuno per combattere la stessa accusa.

È morta combattendo con il proprio corpo, fino alle estreme conseguenze, una battaglia che nella Turchia di Erdogan non è più possibile combattere con una parola, un voto, una manifestazione di piazza.

È morta come fanno gli eroi, sacrificando la propria vita per i diritti di tutti.

C’è solo un modo per celebrare la memoria di questa grande donna: non restare zitti. Far arrivare la sua voce il più lontano possibile, dove lei non può più arrivare.

Ci sono idee così forti capaci di sopravvivere anche alla morte.

Addio Ebru. Viva Ebru.

Testo Inviato da Ombretta Gazzola

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