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La lussuria dei sibariti

baccanti.jpgSulla mitica città di  Sybaris (Sibari) della Magna Grecia, si sono avute notizie vaghe, che hanno a che fare per lo più con le leggende tramandate nei secoli e riportate da diversi scrittori greci e latini vissuti però molti secoli dopo la sua distruzione, fino a che i recenti scavi archeologici ed il ritrovamento di frammenti di scritti più vicini all’epoca  sibarita non hanno dato agli studiosi maggiori certezze.
Visitando il nostro bellissimo Museo, osservando i reperti e leggendo con attenzione i pannelli sulle pareti, anche chi non ha mai letto nulla dell’antica civiltà sibarita può imparare molto sulle abitudini e il modo di vivere di questo popolo diventato famoso in tutto il mondo per la mollezza ed il lusso in cui visse. Naturalmente lusso e mollezza solo dei ricchi, perché chi era costretto a lavorare duramente faceva una vita molto diversa. Non pretendo assolutamente di sostituirmi ai grandi che nel passato hanno scritto di Sibari, desidero solo attraverso il sito dare qualche notiziola curiosa afferente i tanti miti e leggende che sono stati divulgati e raccontati nei secoli, cercherò, per quel che mi è possibile, di dare anche qualche riferimento bibliografico per qualche curioso che volesse approfondire l’argomento.

Vi dico subito che Sibari nella sua grandezza ebbe anche scrittori, poeti e favolisti di fama eccelsa, dei quali purtroppo sono rimaste poche o addirittura nessuna opera, ma della loro reale esistenza vi sono testimonianze abbastanza sicure riportate da scrittori di epoche successive.

Ve ne riporto qualcuno:Alessi, pare sia stato un poeta dalla forte inclinazione al comico secondo Atheneo (scrittore greco vissuto intorno al 200 d.C.)  scrisse più di duecento favole, alcune delle quali furono riprese successivamente da molti autori latini, creando un modo di raccontare che fu chiamato “favola sibaritica”, le sue orme furono seguite anche dal figlio Stefano.

Callistene, sibarita  anch’egli filosofo e storico (da non confondere col Callistene che visse ai tempi di Alessandro Magno)

Fileta, famoso lottatore e vincitore di giuochi olimpici  e tanti altri fra cui alcuni filosofi seguaci del pensiero pitagorico: Empedo, Evanore, Ispaso,  Metopo,  Polemeo,  Proxeno, Tirseno ecc.

Purtroppo, come ormai è arcinoto, i sibariti pare a causa della loro mollezza fecero una brutta fine come ci ricorda anche Plutarco nelle “Vite parallele , Pelopida e Marcello”, ma ci fu anche un poeta di Thurio un certo Emitteone , ricordato da Marziale, il quale scrisse addirittura un poema sulle voluttà lussuriose dei sibariti, è un vero peccato che nulla ci sia rimasto di quest’opera se non appunto alcuni passaggi riportati da Marziale (poeta latino vissuto nel 1° sec. D.C.).

I Sibariti amavano il lusso e odiavano i lavori pesanti, abituavano i loro figlioli fin dalla tenera età a vestiti particolarmente ricchi, di porpora o di sete pregiate con cinture ornate di borchie di oro e gemme preziose, le ancelle intrecciavano i loro capelli con fili d’oro e quando venivano condotti a scuola, per evitare che l’eccessivo studio potesse in qualche modo danneggiarli, si portavano appresso dei cagnolini con cui giocare fra una lezione e l’altra.

Ci racconta il solito Atheneo che i Sibariti non vedevano mai il sorgere ed il tramontare del sole, perché uscivano di casa solo quando il sole era già alto nel cielo e rientravano prima che calasse dietro le montagne, per evitare l’umidità del mattino e della sera. Le città che erano state da loro assoggettate dovevano inviare ogni anno un determinato numero di operai per lavorare nei campi e quando andavano a caccia non lo facevano con l’arco ma con le reti da uccellatore, in modo da affaticarsi il meno possibile.

Sempre Atheneo, che ce la doveva avere a morte con i poveri sibariti spariti 600 anni prima di lui, ci tramanda che un commerciante di Sibari andato a Sparta fu invitato a cena con soli uomini seduti su delle ruvide panche e con cibi molto umili e quando seppe il tipo di vita faticoso e duro che conducevano in quella città disse che avrebbe preferito morire piuttosto che vivere così miseramente. Un ricco proprietario andò una volta nei suoi possedimenti e vedendo alcuni suoi schiavi zappare si mise a chiedere come trascorrevano la loro giornata, sentendo raccontare dei disagi e delle fatiche che sostenevano svenne al solo pensarci.

Ma anche le donne sibarite erano particolarmente dedite agli stravizi, pare che lo stesso Emitteone, già precedentemente citato, avesse scritto un trattato abbastanza osceno, (a detta di Ovidio e Marziale) sui diversi modi da utilizzare per eccitare la voluttà e il  piacere sessuale. Pare che a Sibari quando una ragazza raggiungeva i dodici anni di età e non era stata ancora chiesta in moglie, indossava dei vestiti trasparenti per mettere in mostra le proprie beltà e poteva liberamente cercarsi un marito, una volta adulta era libera di godere a piene mani di ogni piacere e di cercarsi tutti gli amanti che voleva.

E le feste? Le feste per i sibariti erano qualcosa di particolarmente sontuoso, duravano addirittura dei mesi, gli amici bisognava invitarli con almeno tre mesi di anticipo, perché potessero avere il tempo di prepararsi, e venivano premiati coloro che imbandivano le mense nel modo più ricco, altrettanto si faceva con i cuochi, i migliori venivano ingaggiati a fior di milioni di Stateri, più o meno come accade oggi con i calciatori.

Si narra che un ricchissimo proprietario terriero fece scavare un piccolo lago, lasciando al centro un'isoletta, sulla quale costruì una grande sala da pranzo attorniata da alcove (oggi le chiameremmo privée) e dopo aver invitato gli amici e le amiche più intimi con loro si abbandonava ad ogni tipo di lussuria. Non era tutto quì, perchè sulle spiaggette dell'isoletta erano a disposizione degli invitati delle barchette con le quali le coppie, che si formavano durante la festa,  potevano raggiungere la terra ferma tutt'intorno all'isola e giunti lì ad attenderli erano dei piccoli appartamenti dove delle bellissime ancelle provvedevano a servirli in "tutto" quello che desideravano anche per diversi giorni. Inutile ricordare che l'omosessualità maschile e femminile, a quei tempi, era normale, non esistevano i tabù che per secoli hanno imperversato in occidente.

Pare che siano stati i sibariti a scoprire il caviale e ad inventare i tortellini e i ravioli, si avete capito bene proprio i  “turtlen”  tanto decantati dai nostri amici romagnoli,  i resti delle lagane (somigliavano vagamente alle nostre, ma erano molto più larghe) venivano date ai servi i quali per renderle più appetitose ci mettevano in mezzo pezzetti di carne, di verdure o pesce, le chiudevano a fagottino e, una volte bollite, le consumavano.

Cari amici, avrete capito che molti atteggiamenti negativi dei nostri poveri sibariti sono stati sicuramente esaltati e gonfiati dagli scrittori, tutti postumi, sicuramente c’era del vero, ma le loro capacità  nel commercio e nelle coltivazioni dovevano essere sicuramente straordinarie.

Per questa volta credo che basti, ma ho ancora in serbo molte altre storie, miti e leggende della Sybaris città ricca e superba. Continuate a seguirci ne leggerete ancora delle belle.

Antonio Michele Cavallaro