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A Milano aperto il Museo di design dell’ADI e del Compasso d’Oro

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Pensato come luogo di incontro per la comunità del design e di scoperta per il grande pubblico, il nuovo spazio espositivo inaugura oggi alla presenza del Ministro della Cultura Franceschini e delle autorità locali. Con otto approfondimenti multitemporali, che affiancheranno i Compassi d’Oro dal 1954 a oggi, e una biglietteria digitale.

Dall’idea alla realtà: a lungo immaginato, spiegato, raccontato sulle pagine delle riviste di settore e non, l’ADI Design Museum – Compasso d’Oro apre finalmente le sue porte ai primi visitatori dopo un cantiere tortuoso, ovviamente funestato dalla pandemia. Il nuovo museo, che ospita la collezione storica del “Compasso”, il celebre premio assegnato dall’Associazione per il disegno industriale ai migliori prodotti di design dal lontano 1954, ha avuto una storia travagliata. L’inaugurazione era inizialmente prevista per giugno 2020, con una anteprima ad aprile dello stesso anno durante il Salone del Mobile, la pandemia ha però imposto uno slittamento di quasi un anno. Negli anni precedenti, i lavori avevano già subito un lungo stop a causa di inattesi e rilevanti lavori di bonifica e dei ricorsi dei residenti. “È sempre un giorno di festa quando apre un nuovo museo e ancora

più di festa se apre un museo così proiettato verso l’innovazione, così importante e così bello”, ha detto durante la conferenza di presentazione – ovviamente all’aperto – il ministro della Cultura Dario Franceschini.  “È davvero un luogo straordinario, che raccoglie la storia del design e della fondazione del Compasso d’Oro, ma contemporaneamente proiettato anche sul futuro, sui giovani talenti”.

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IL RILANCIO DI MILANO COME CAPITALE DEL DESIGN

L’apertura di un nuovo spazio espositivo dedicato al progetto – di dimensioni imponenti, con i suoi oltre cinquemila metri quadri e ben otto mostre di approfondimento ad accompagnare la presentazione di una collezione già corposa, poiché composta dagli oggetti selezionati dalla prima edizione del premio a oggi – rappresenta una risposta alle incertezze di questo momento storico e un segnale importante per Milano, che intende ribadire il suo status di capitale mondiale del design. Un mod

o, insomma, per dire “ci siamo” e per ricordare che, malgrado il virus abbia imposto nuovi modi di vivere e lavorare basati sul digitale, non possiamo prescindere dalla città

e dal suo ruolo di catalizzatore di energie.

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Questo museo è quasi un simbolo della ripartenza non solo per Milano ma per tutto il Paese”, ha continuato Franceschini.  “Da quando il 26 aprile abbiamo deciso di riaprire cinema, teatri, museo e mostre, stiamo dimostrando che è possibile fare cultura garantendo le misure di sicurezza, con grande attenzione e scrupolo. Penso che saranno mesi complicati per molti aspetti ma l’Italia nei momenti di difficoltà, come il secondo dopo guerra, ha sempre mostrato una grande capacità di ripartenza anche più forte degli altri Paesi. Nella ripartenza, correremo e metteremo in campo la creatività italiana, la capacità di adattamento e la voglia di ripartire. L’inaugurazione di oggi è un simbolo di questa ripartenza. Un’operazione completamente nuova che s’inserisce in quello che noi abbiamo cercato di fare in questi anni, affiancando al lavoro di conservazione quello di valorizzazione del presente e del contemporaneo. Abbiamo infatti creato una nuova Direzione Generale del MiC che si chiama Creatività Contemporanea che non c’era e che ci consente di investire profondamente sul design. È un lavoro che faremo come Paese e Milano in questo, come in tanti altri campi, continuerà a essere la guida”. La raccolta permanente, curata da Beppe Finessi, (che ha raccontato il museo con la passione di un autentico direttore durante la presentazione col presidente dell’Adi Luciano Galimberti e con Andrea Cancellato che si sbracciavano per farlo stare nei tempi) ha come titolo Il cucchiaio e la città, dal celebre slogan di Ernesto Nathan Rogers, a sintetizzare l’estrema eterogeneità dei progetti selezionati e premiati nel corso degli anni. Come si vede nelle immagini scattate da Artribune durante la presentazione si tratta di tanti box, ognuno per ogni anno, pieni di oggetti ma soprattutto di progetti, disegni spesso inediti. Ci aiutano a ricordare in quel dato anno quali sono stati i pezzi di storia del design che si sono aggiudicati il Compasso. E’ un percorso davvero emozionante che ha molto a che fare non solo con la storia del design ma con la storia tout court di tutto il paese.
Grazie a un accordo con lo IED, tra i partner istituzionali del nuovo museo, gli studenti del corso di Restauro dell’Accademia di Belle Arti Aldo Galli di Como hanno già cominciato a occuparsi della catalogazione di tutte le opere e del restauro conservativo di una parte di esse.

ADI-Design-Museum-Compasso-dOro-Milano-8-560x420.jpgIL PROGETTO DEL MUSEO: ARCHEOLOGIA INDUSTRIALE E STORYTELLING

L’ADI Design Museum sorge in un’ex area industriale recuperata tra via Ceresio e via Bramante, nel quartiere in grande fermento di Porta Volta, all’interno di un’ex-centrale elettrica della quale si è scelto di preservare la suggestiva navata storica. Lo spiazzo sul quale si affaccia prenderà il nome di piazza Compasso d’Oro. Il progetto realizzato dallo studio di architettura Migliore + Servetto Architects con Italo Lupi si ispira al concetto di “museo narrante”, che Ico Migliore ha descritto in un’intervista rilasciata due anni fa ad Artribune come “a metà strada tra il museo-chiodo, con i quadri attaccati alla parete o con gli oggetti esposti tout court, e il museo luna-park, ovvero forzatamente experience, tanto da stressare con troppi input il visitatore”. Lo scopo? Stimolare la curiosità e la sete di conoscenza del grande pubblico, spiegando il significato e il valore del Made in Italy, oltre naturalmente a fornire un nuovo luogo di incontro alla vasta e variegata comunità che si raccoglie intorno ai temi legati al progetto. I primi biglietti saranno “staccati” il 26 maggio, soltanto metaforicamente dal momento che il museo è il primo in Italia a non avere una biglietteria fisica: i visitatori potranno utilizzare un’app, il sito web oppure i POS presenti in loco, con l’aiuto di mediatori culturali.

Giulia Marani

fonte: www.artribune.com/magazine/

 

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