Nelle ultime 24 ore, i Vigili del Fuoco hanno effettuato 7.000 interventi in tutta Italia. Un dato impressionante, che racconta quanto l’emergenza incendi non sia più un evento eccezionale, ma una sfida nazionale continua.
Non possiamo affidarci soltanto alla capacità e alla dedizione delle squadre di soccorso. Serve una risposta più profonda, sistemica, condivisa. E questo cambiamento deve partire anche — e soprattutto — dai territori. Anche in questi ultimi giorni, il nostro Comune è stato colpito da incendi che hanno distrutto vegetazione, minacciato aree coltivate, sfiorato abitazioni.
È un fenomeno che si ripete ogni estate, lasciando danni ambientali ed economici, ma soprattutto un senso crescente di impotenza. Eppure, non possiamo rassegnarci. Non possiamo farci l’abitudine al fumo, alla paura, alla devastazione. Non possiamo limitarci a intervenire quando ormai è troppo tardi. Per come è fatto il nostro territorio, con le sue colline, le aree impervie e i tanti punti difficili da raggiungere, contenere un incendio diventa una vera e propria impresa.
Per questo la prevenzione deve diventare la vera priorità. Serve un piano comunale antincendi aggiornato e operativo. Serve una manutenzione costante dei terreni, sia pubblici che privati, soprattutto nelle aree più esposte. Ed è fondamentale, soprattutto dopo i recenti incendi, prevedere la piantumazione di nuovi alberi nelle aree pubbliche colpite, per ripristinare il verde e tutelare l’ambiente. Serve una rete più estesa e attrezzata, che coinvolga associazioni di protezione civile, droni, mezzi adeguati, strumenti di sorveglianza e intervento, anche in raccordo con i Comuni vicini. E serve, soprattutto, informazione, collaborazione e senso civico. A questo si aggiunge la memoria. Anche quest’anno, il nostro Santuario della Madonna della Catena ha rischiato davvero tanto. Le fiamme si sono avvicinate in modo preoccupante, mettendo in pericolo un luogo che rappresenta un punto di riferimento per l’identità e la fede della nostra comunità. Il fuoco ha colpito anche il percorso della Via Crucis, che dal Santuario sale fino alla collinetta sovrastante.
E proprio in quei terreni, solo un anno fa, il fuoco ha strappato una vita. Un fatto che non possiamo e non dobbiamo dimenticare. È una ferita che impone un salto di consapevolezza e responsabilità. Restare in silenzio, voltarsi dall’altra parte, equivale a diventarne complici.
Lo avevamo già segnalato: qualche settimana fa abbiamo lanciato un appello pubblico, chiedendo attenzione, prevenzione, azioni concrete. Ma tutto pare non aver avuto seguito. E il silenzio delle istituzioni pesa, soprattutto quando la realtà ci presenta puntualmente il conto. In passato abbiamo sollecitato attenzione, avanzato proposte, segnalato criticità che, purtroppo, non hanno trovato ascolto. Ora però abbiamo l’occasione — e la responsabilità — di cambiare passo.
Chi amministra oggi deve dare una direzione, prevenire, assumere il governo delle scelte. Non possiamo più rincorrere le emergenze. Serve una visione chiara, coraggiosa, responsabile.
Per quanto di nostra competenza, avanzeremo agli uffici e all’Amministrazione una nostra proposta, sollecitandone l’attuazione. O costruiamo una prevenzione seria, condivisa e concreta, oppure dobbiamo assumerci la responsabilità di sapere, fin da ora, che ogni estate sarà peggiore della precedente. E che il fuoco avanzerà, lentamente ma inesorabilmente, prendendosi pezzo dopo pezzo il nostro patrimonio.
Gruppo consiliare ArticoloVENTUNO
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"Come Vescovo della Chiesa calabrese non posso tacere. Il Sud continua a bruciare fumo nero di dolore, quel triste brusio di alberi che cadono in maniera profondamente ignobile. Cassano allo Ionio brucia, la Calabria è in fiamme – anche il Santuario della Madonna della Catena, simbolo di fede e speranza, è oggi minacciato dalle fiamme. Non un semplice edificio, ma un luogo dell’anima per un intero popolo". È quanto afferma Mons. Francesco Savino, Vescovo di Cassano All'Ionio e Vice Presidente della Conferenza Episcopale Italiana. "E non si tratta soltanto di incuria, di sentieri non ripuliti, di vegetazione abbandonata. No - evidenzia -, basta più parlare di “cattiva manutenzione” o di fatalità. Queste sono narrazioni comode che mascherano la verità. Dio non gioca coi fiammiferi: la fatalità è una menzogna conveniente". E poi non usa mezzi termini: "Dietro il fumo si nasconde il volto oscuro, codardo e arrogante del potere criminale. Non è la mano del caso, ma quella di chi sceglie deliberatamente il fuoco come arma e messaggio. Ci sono mani che appiccano incendi non per ignoranza, ma per calcolo vile e ragionato. Mani appartenenti a organizzazioni mafiose che, in combutta con imprenditori senza scrupoli – spesso provenienti da altre regioni del Paese – usano il Sud come discarica a cielo aperto. I roghi non sono incidenti. Sono strumenti di una guerra silenziosa e infame contro la natura e contro le comunità. Servono a coprire lo smaltimento di materiali tossici, scorie industriali, rifiuti speciali che avvelenano la nostra terra, l’aria, le acque. E quando brucia la terra, brucia anche la dignità di un popolo che da troppo tempo è trattato come sacrificabile. La logica è quella del profitto senza etica, dell’illegalità sistemica, della devastazione ambientale organizzata. È un’economia senza volto, fatta di fuoco e veleno. Un’economia della morte, che agisce nell’ombra ma ha nomi, cognomi, interessi precisi. Un crimine non solo contro l’ambiente, ma contro il futuro delle nostre comunità. Un disegno criminale chiaro e radicato, sostenuto da alleanze silenziose tra la malavita organizzata e settori del sistema economico, e – diciamolo chiaramente – favorito dall’omertà di una politica troppo timida, o troppo compromessa per reagire. Il danno è esiziale e irreversibile: ettari di boschi scomparsi, biodiversità distrutta, turismo e agricoltura messi in ginocchio. Il paesaggio stesso, che è bene comune e identità culturale, viene sfigurato. Il fuoco non cancella soltanto alberi, ma storie, memorie, possibilità di vita buona". E allora ci chiediamo: cosa possiamo fare?
"Possiamo - ha proseguito -, e dobbiamo denunciare. Possiamo e dobbiamo vigilare. Possiamo e dobbiamo unire le forze: cittadini, istituzioni, Chiesa, associazioni sane. Chi tace davanti alle fiamme, ne condivide il calore distruttivo. A chi brucia per interesse, per potere, per dominare, dico con forza: convertitevi. Convertitevi alla logica del Vangelo, che è rispetto, custodia, giustizia. State uccidendo la terra che ci è stata affidata. State tradendo le generazioni che verranno. State bestemmiando la bellezza del Creato. Il fuoco che accendete oggi vi giudicherà domani. Non c’è neutralità possibile: o si è dalla parte della vita, o da quella del fuoco che divora.
La Chiesa del Sud - ha concluso -, non sarà mai complice. Sarà coscienza inquieta e voce che accusa. Non ci accontenteremo di celebrazioni vuote o di appelli di facciata. Pretendiamo scelte politiche chiare, leggi più dure, controlli severi e verità su chi lucra sul disastro ambientale".
Mons. Francesco SAVINO
Ne "L'Avvenire" di Oggi si cita mons. SAVINO







