Stamattina sfogliano alcuni quotidiani nazionali, mi è capitato di leggere una interessante intervista al prof. Salvatore SICA del giornalista/avvocato Gennaro Grimolizzi su "Il Dubbio". Molti dei miei amici sanno che il mio primo profilo facebook è stato proditoriamente oscurato con delle motivazioni parecchio improbabili, so chi ha ordito la macchinazione e il grasso verme che l'ha eseguita, ma non è di questo che voglio rendere edotti i lettori di infosibari.it, bensì allertare tutti sul pericolo dell'eccessivo potere che é oggi nelle mani dei privati. Il prof. Salvatore Sica, durante l'intervista che pubblichiamo in coda a questa nota, così si esprime «Mai tanto potere nelle mani dei privati: oramai siamo alla censura 2.0» e ancora «I SOCIAL SONO UNA PRATERIA SENZA REGOLE CHIARE, SERVE UNO SCATTO ETICO CONTRO QUESTA DERIVA. LE REGOLE ESISTONO BASTEREBBE APPLICARLE».
Ma eccovi il testo dell'articolo di Gennaro Grimolizzi:
"I social network sono davvero degli spazi liberi sui quali far circolare le opinioni? Più volte molti esperti hanno rilevato che il sistema studiato da Facebook è poco trasparente. E in questa opacità è possibile bloccare temporaneamente o per sempre la pagina di qualche utente considerato “indisciplinato”. Regole poco chiare, ai più sconosciute, basate sulla cooperazione tra i filtri dell’Intelligenza artificiale e controllori umani posti a valle della catena di verifica. I controllori umani danno la precedenza agli algoritmi per setacciare le pubblicazioni e solo dopo che un contenuto è ritenuto inappropriato viene inviato un alert ad un team di moderatori per la decisione finale sulla rimozione o meno di un post e sulla permanenza o meno del titolare del profilo. Gli “abitanti” delle piattaforme devono dunque sottostare alle regole di chi le ha ideate e costruite. Sul rischio di censura sui social abbiamo parlato con il professor Salvatore Sica, ordinario di Diritto privato nell’Università di Salerno.
Professor Sica, i social network sono davvero una prateria in cui chiunque può muoversi liberamente?
Proprio così. I social sono purtroppo diventati una prateria e c’è un oggettivo problema di apposizione di regole, ma, soprattutto, di effettività delle regole che vengono applicate. Basta anche po’ di comune esperienza giudiziaria in questa materia per rendersi conto che c’è una difficoltà spesso ad individuare l’autore del post. A seguire l’individuazione del giudice competente e ovviamente anche la legge applicabile. A mio avviso esiste una necessità di garantire più che nuove regole di poter applicare quelle che già ci sono.
(foto: Gennaro Grimolizzi) Pochi giorni fa il profilo Facebook, seguitissimo, del giornalista del Dubbio Damiano Aliprandi è stato bloccato. Aliprandi si occupa di carcere, condizione di vita dei detenuti e di mafia. Le piattaforme social possono oscurare qualcuno, se schiere di segnalatori si mettono all’opera?
È la parte più inquietante di questo tema. A una sostanziale libertà di offesa, di linguaggio d’odio e alla incapacità di intervenire del giudice statale corrisponde il più delle volte una possibilità di intervento censorio nella gestione della piattaforma. In realtà la gran parte di questi interventi sono frutto più che delle segnalazioni dell’incrocio algoritmico di parole chiave. Qualche anno fa ci fu l’oscuramento del canale YouTube della “Fondazione Einaudi” perché venne usata una espressione di contrarietà all’obbligo vaccinale, durante la pandemia, all’interno di un ragionamento molto più articolato. Si trattò di una sorta di caso di scuola sul potere enorme conferito ai privati di essere i giudici finali, gli arbitri finali. Rispetto alla vicenda di Aliprandi, che non conosco nello specifico, posso immaginare che questo giornalista, al quale va la mia solidarietà, sia stato oggetto di una serie di segnalazioni. Occorrerebbe verificare in concreto la natura e il contenuto dei post censurati, ma in ogni caso resta il tema di fondo, quello sì inquietante, che mai tanto potere è stato attribuito a privati, incluso quello di esercitare unilateralmente la censura. In questo quadro si inserisce una ulteriore riflessione.
Quale?
Nel caso di oscuramento di un profilo, è difficile conoscere con esattezza le motivazioni perché non viene notificato alcun provvedimento, ma si adotta una prassi che farebbe impallidire ogni norma applicabile alla giustizia ordinaria, che farebbe gridare al colpo di Stato. Insomma, si applica direttamente la sanzione, senza alcun tipo di procedimento.
Una vera e propria contraddizione rispetto all’idea secondo la quale sui social le opinioni si muovono sempre in maniera libera?
Non c’è dubbio. Siamo di fronte ai due corni del problema: da un lato una libertà, una “License to kill” che è attribuita a certi leoni da tastiera, dall’altro invece una improvvisa attività censoria, opaca e non giustificata il più delle volte.
In questo contesto gli Stati sono meno potenti dei signori delle piattaforme on line che decidono se censurare o meno qualcuno in casi di opinioni non gradite?
Questo è il macro-tema che fa da sfondo e che tante volte, in passato, ho avuto modo di affrontare. Forse, oggi, c’è un dato leggermente più preoccupante perché abbiamo la maggiore democrazia al mondo, gli Stati Uniti, che mi pare abbia una governance molto connessa ai privati delle Big tech. Una combinazione di classe di governance molto particolare con la presenza di padroni oligopolisti della tecnologia. Secondo me, è una convergenza a dir poco preoccupante.
Le piattaforme social stanno anche rimodellando il concetto di democrazia?
Lo hanno già ampiamente rimodellato, tanto è vero che abbiamo una nuova classe dirigente che o è molto attenta ai profili social o addirittura confonde l’attività politica con quella dell’influencer. È uno scenario molto particolare, dove anche la politica ha cambiato il linguaggio. Ci sarebbe bisogno innanzitutto di uno scatto etico e culturale, nonché pedagogico. Da tempo sostengo che la Chiesa dovrebbe essere in prima fila per la funzione educativa che svolge. La Chiesa, come le altre agenzie educative, dovrebbe essere in prima fila in una stagione tutta rivolta alla rieducazione, ai rapporti autentici tra le persone e alla disintossicazione dall’uso smodato e non consapevole dei social".
Carissimi webnauti, avrete capito che sui socials si trova tutto e il contrario di tutto, e ricordando la mia esperienza personale sui socials , vi prego di seguire i miei interventi direttamente su questo sito, dove nessuno può mettere mano. Grazie per la vostra attenzione.
Tonino Cavallaro
Libero pensatore