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Intervista all'avv. Minnicelli sui problemi post-fusione

minnicelliLa città formatasi dopo la fusione dei due più popolosi comuni della sibaritide, denominata Corigliano-Rossano e dopo l'elezione della sua prima compagine amministrativa guidata dal sindaco Stasi non ci sembra sia stata  indirizzata sulla giusta rotta per la risoluzione degli immancabili problemi di cui tanto si era discusso durante la campagna elettorale. Abbiamo pensato di porre alcuni interrogativi ad eminenti personalità della novella città, per capire cosa stia succedendo. Cominciamo la nostra serie d'interviste con l'avv. Amerigo Minnicelli, uno dei primi  a parlare di fusione e coordinatore del Comitato Cento Associazioni che tanto ha contribuito al raggiungimetto dell'obiettivo che si era prefisso: creare una nuova e grande città.

Son trascorsi due anni dalla fusione dei due comuni Rossano e Corigliano, ma non si vede ancora nulla di concreto, almeno sotto l'aspetto formale, secondo lei cosa non ha funzionato finora?

Un Sindaco ma direi qualsiasi Sindaco, nelle eccezionali condizioni date, senza una più che valida e articolata squadra di governo e collaborazioni con gente qualificata che lavora, propone, elabora, contribuisce a guardare avanti (critica quando è necessario), non può, e tanto meno, dubito che possa dare le risposte attese dai 70 mila abitanti di Corigliano-Rossano e non solo. Quella presente è una fase tanto complessa quanto imprevedibile, sotto tutti i profili, oltretutto appesantita non solo dalla scarsa azione di questa Amministrazione ma anche dalla passata gestione commissariale post legem. Da allora ad oggi sommano 3 lunghi anni durante i quali si è stentato persino a dare forma al Comune e ad orientarlo. Per altro verso le due distinte realtà erano gravate da criticità, tanto note quanto gravi da essere urlate dal Primo Cittadino nella sua campagna elettorale e non solo da lui. Né difronte all’insuccesso, vale dire che sarebbe stato meglio se i due Comuni fossero rimasti divisi sia perché non esiste la controprova e sia perché per più decenni il territorio è andato sempre peggio e senza la Fusione, saremmo stati in guai sempre maggiori. La fusione, di per sé, non poteva cancellare mali atavici, per il solo fatto d’esserci ... e la gente questo lo sa e lo sapeva già durante la battaglia referendaria. Chi ha votato SI alla fusione lo ha fatto per una scommessa che sperava di incassare insieme ai promotori dando una mano, così come avvenuto durante tutto il lungo iter 2014-2019 della Fusione, con il Comitato 100 Associazioni.

Il comitato che si era formato per perorare il progetto fusione, di cui lei è stato promotore, a fusione avvenuta ci sembra che non sia stato mai chiamato in causa, anche solo a livello consultivo.

Chi ha vinto le prime elezioni della storia del Comune unico ha subito imposto il metodo da vecchia politica del “faccio tutto io” che prima ha sortito consenso ma alla luce dei fatti si é rivelato un boomerang micidiale sia per la gente che per la stessa amministrazione Stasi. Diverso sarebbe stato se si fossero chiamati a pubblica raccolta i Cittadini più validi, senza distinzione di colore politico (e ce ne sono tanti) per collaborare con l’Amministrazione e creare vera partecipazione con assemblee, comitati, commissioni, municipi e quant’altro da regolare e legittimare poi con lo Statuto in fieri. Ma anche con lo Statuto si è dato spazio solo a qualche burocrate becchino e agli ex “eroi” del NO alla Fusione e non c’è da aspettarsi nulla di buono.

A noi della prima ora, inascoltati, sarebbe piaciuto che si fossero lanciati ripetuti appelli alle Università e alle centinaia di ex nostri cittadini intellettuali e professionisti (in parte già raggiunti dal vecchio Comitato) che lavorano in Italia e all’estero (a sud come al nord) per ricevere aiuto volontaristico e conoscenze atte ad individuare Progetti e finanziamenti pubblici e privati sulle grandi potenzialità e unicità di questo ricco e vasto Territorio per attuare una vera rivalorizzazione dell’esistente avendo in sé e contermini tre Parchi Naturali: Sila, Pollino e foce del Crati; due Parchi Archeologici: Sibari e Paludi; due Parchi Marini Secca d’Amendolara e Fossa; un porto Turistico ai Laghi tra i più grandi e sicuri al mondo che tuttora langue insabbiato per endemica incuria. Ma non basta perché sui 350 kmq amministrati direttamente ci sono 5 maggiori agglomerati urbani e una decina di contrade. Ci sono un Porto commerciale e uno peschereccio; tre cospicue Aree Industriali oggi votate solo alla gestione dei rifiuti di ogni tipologia e condizione mentre potrebbero ospitare nei loro “vuoti” le eccellenze produttive, tra l’altro, della digitalizzazione, dell’innovazione e riconversione produttiva ed energetica, tutto da ideare.

Quella che viene definita "la terza città calabrese" per numero di abitanti chiamata "Corigliano-Rossano" non è stata ancora “Battezzata” con una denominazione diversa, pensa che potrebbe essere importante anche questo per creare nell’immaginario collettivo un nuovo senso di appartenenza, ferme restando storia e tradizioni dei due primitivi nuclei urbani?

Ci sono tanti precedenti di comuni o province con doppi nomi sia in Italia che altrove e rappresentano tutti una scorciatoia contro i campanilismi ai quali noi non siamo sfuggiti, tra l’altro, con ragione. Però se è reale il problema del nome unico (ma non certo di tipo “ellittico” come Coros, Corissano o altro) la sua mancanza non ha certo impedito che grazie alla forza di attrazione di questa Città, con la nuova legge sulla geografia dei Collegi elettorali calabresi, siano intestati a Corigliano-Rossano quello N.2 dei due Collegi per il Senato della Repubblica e quello N.1 dei cinque per la Camera dei Deputati. Entrambi quindi ritornati pienamente a “casa” dopo decenni di … traversie. Quale sia l’enorme significato sociale e politico di questo fattore, lo si vedrà e capirà meglio dopo che tale nuova geografia politica avrà girato per le Cancellerie ministeriali italiane ed estere nonché per le mani e i tavoli dei big della politica, alla ricerca di candidati, voti e consensi. Questa è l’inizio della fine della scarsa considerazione fin qui avuta da questo Territorio che avrà sempre più la fisionomia di una Città Metropolitana. Abbiamo sempre detto e sostenuto che alla logica dei numeri non poteva che seguire quella della politica, dei flussi economici consequenziali e della rivalorizzazione territoriale. E non potrà fare danni più di tanti un Sindaco distratto o poco incline alla riconoscenza, così come il novero degli Onorevoli eletti nel 2018 di cui ormai la pubblica opinione ha capito da dove siano venuti e perché.

Quali, secondo lei, sono gli obiettivi oltremodo necessari da perseguire affinché i due centri, che formano ora una realtà unica, possano integrarsi?

La nuova città esige un salto di qualità e un cambio di mentalità che ancora non si scorgono … e l’attuale Amministrazione fa fatica a relazionarsi con il territorio e a darsi una strategia di lungo respiro non solo per l’insieme ma anche per quei 6 nuclei urbani principali (i due centri storici, i due Scalo più Schiavonea e Cantinella) che compongono l’attuale novero urbanistico oltre la raggera delle altre contrade bisognose di essere utenti attivi di servizi di trasporto, burocratici, scolastici, sanitari, assistenziali e, perché no, da autogestirsi attraverso sistemi giuridici e digitali nuovi. Ecco la necessità di progetti e soluzioni innovative che potrebbero venire da Centri Studi anche universitari attratti da una sfida ancora tutta da lanciare ben aldilà dai nostri confini.

Pensa che sarà necessario pensare ad una unica sede per gli uffici e servizi pubblici, per le strutture sanitarie e per le diverse scuole superiori, onde non avere doppioni oltretutto dispendiosi, inutili e per non creare confusione nella cittadinanza?

Le Associazioni che hanno messo in moto e pilotato tutto l’iter della Fusione fin dall’iniziale Appello del gennaio 2014, hanno messo nero su bianco questa necessità più politica e di prospettiva che funzionale. E non solo il Comitato ne ha sempre fatto un caposaldo chiamandolo “Area Direzionale della Cittadella dei Servizi” di Insiti, con accanto l’Ospedale nuovo e forse, chi sa, il Tribunale nuovo di ritorno.

Tutto ciò è stato recepito, nostro tramite, nelle due Delibere Comunali (gennaio 2015 e febbraio 2016) come nelle unanimi conclusioni della Relazione della I^ Commissione Istituzionale del Consiglio Regionale e ne fa obbligo di realizzazione anche la Legge Regionale N.2/2018 approvata alla unanimità. Tutto ciò non ha turbato minimamente le convinzioni del nostro Primo Cittadino e nemmeno, a tutt’oggi, quelle dei poco commendevoli membri della Commissione Statuto che non hanno nemmeno sentito il bisogno di parlare con il Comitato promotore della Fusione nonché animatore del Referendum. Pare invece che ci sia il no del Sindaco che non vuole “consumare” altre aree pregiate … preferendo lasciarle nelle mani del loro usurpatore e occupante abusivo dedito alla piantagione di rape e ortaggi in quel dell’ex Centro Sportivo Comunale di Insiti. È il recente mondo “green”, tanto di moda che altrove fa innovazione e quì cova l’illegalità. Noi non ci possiamo rimproverare nulla avendo denunciato il tutto fin dall’anno 2017 al Prefetto di Cosenza e, suo tramite, all’impassibile Procura della Repubblica di Castrovillari.

La questione Tribunale, pare sia stata dimenticata, sa se sono stati fatti dei passi dagli attuali amministratori per la sua riapertura?

Il problema del Tribunale di Corigliano-Rossano è oggi più che altro un fattore istituzionale nel senso che a poco sono servite, per salvarlo, digiuni provvidenziali e gite più o meno sociali in giro per la nazione. Servirebbero invece istanze politiche e parlamentari. In tal senso a noi, e non solo, sarebbe piaciuto molto che nel corso della recente e tanto famosa seduta delle Camere per la fiducia al Governo che una Deputata o una Senatrice di questo Territorio, avesse preso la parola per chiedere che a Corigliano-Rossano Città che, come già detto, per Legge, dà nome e territorio al Collegio N.1 della Camera e N.2 del Senato qui in Calabria, venisse restituito il Presidio di Giustizia illegalmente sottrattole da un Governo tanto tecnico che cieco nonché allergico alla lettura delle carte e del Territorio. Ciò non è avvenuto, speravamo che avvenisse sulla Relazione del Ministro Guardasigilli, Bonafede, notoriamente favorevole alla riapertura del nostro Tribunale, ma dopo le dimissioni di Giuseppe Conte dovremo aspettare ancora chissà quanto.

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