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Archeologia tra arte e cultura. Il pensiero dell'artista Enzo Palazzo

In reenzo palazzo.jpglazione ai magnifici progetti, da realizzare e in parte realizzati, illustrati al pubblico recentemente dal direttore del Parco Archeologico di Sibari dott. Filippo Demma, abbiamo chiesto al nostro artista Enzo Palazzo di esprimere un suo pensiero, una sua idea, per valorizzare, sotto il profilo artistico, il patrimonio archeologico-culturale della nostra regione e della Sibaritide in particolare. Ci ha inviato le sue considerazioni in merito, come suole di alto spessore, e le offriamo ai nostri lettori, con la speranza che possano essere prese in considerazione da chi gestirà la gran massa di denaro che sta per “abbattersi” sull’archeologia sibarita. Enzo è persona riservata, timida, non asservita al giogo dei politicanti di turno ma di notevole cultura che profonda nella sua concezione di “arte moderna” con uno sguardo rivolto al passato per rinsaldare le proprie radici ed al futuro in un afflato di speranze non oniriche ma realizzabili concretamente. (Antonio M.Cavallaro)

C’è una verità stabile e leggera, resistente a tutte le correnti perché poggia sui pilastri indistruttibili del tempo e della storia. E’ il concetto dei Greci, che corre tra Sibari e Selinunte, tra Crotone e Agrigento, tra Locri e Siracusa, sul quale l’ombra di uomini che si chiamano Pitagora ed Empedocle si allunga fino alla contemporaneità storica. E’ il concetto dei Normanni, che si distende lungo lo scenario della storia incastonata nelle pietre preziose della Stauroteca di Cosenza e della corona imperiale di Federico, a Palermo. E’ lo stesso, corposo concetto che si protende fra Taverna e Noto, sull’onda lunga di un barocco sensuale attraversato dalle sciabolate di colore di un Mattia Preti e di un Pietro Novelli, e sostenuto, ieri come oggi, dalle colonne antiche di quella cosa “inutile” che è l’arte. E’ il concetto degli Arabi, che da Palermo a Cefalù, a Misilmeri e fino a Stilo, ad Amantea e a Scalea lo percorsero per ampliare la conoscenza e il sapere dell’intero Occidente. E’ il concetto dei monaci basiliani, che, provenienti dall’Oriente e praticando per secoli un ascetismo tanto rigoroso quanto era stata implacabile la lotta contro l’iconoclastia, costituirono le basi perché la Calabria e la Sicilia scrivessero, nei successivi fogli di un Codex purpureus, a Rossano, o traducendo Platone, una delle pagine più gloriose dell’intera cultura occidentale: la seconda ellenizzazione. E’ il concetto di un artigianato artistico inarrivabile che corre dai pupi e i carretti siciliani fino ai liutai di Bisignano e a, Crotone. E’ il concetto dei parchi naturali, da quello del Pollino e dell’Aspromonte che da Castrovillari a Lauria va fino a Bronte e Maniace in una sostanziale uniformità di impianti paesaggistici e mondi vegetali e animali. E’ la verità antropologica, che risveglia la memoria di una comune identità di matrice materiale negli etnoreperti conservati nei musei. E’ lo stesso concetto dell’arte contemporanea, con la quale a Tusa si qualifica il territorio e a Diamante si ridisegna l’impianto urbano, e grazie al quale a Montedoro o a Lamezia Terme viene superata quella “pozzanghera di Narciso” che resiste negli stereotipi culturali del Sud. E’ la verità della poesia, sulla quale aleggia la musica di un verso, quello di Omero, che attraversa il mare in una brezza incantata che è come l’andare e il tornare del tempo. Eppure i Greci viaggiarono, sono giunti fino a noi su un ponte ideale che ancora tocca le sponde di Scilla e Cariddi. Questo perché ogni viaggio è il frutto di una volontà che lo muove, e la volontà implica una scelta di posizionarsi di fronte al mondo e alla storia.

Leggendo l’articolo apparso su infosibari.it dal titolo “Archeologia apre al territorio”, ho riflettuto sull’argomento ed ho pensato di scrivere alcune considerazioni e non solo ma di portenzo palazzo porta di sibari.jpegare un contributo non astratto all’argomento.

L’idea è il mio progetto inserito nella mostra dal titolo “Ritorno a Sibari” di qualche anno fa, ed è quella di progettare una installazione site/specific sul territorio adiacente il parco o il museo, il titolo è la “Porta di Sibari” mega scultura di cui ho già il progetto ma colgo l’occasione per esternare alcuni passaggi della relazione:

LA PORTA di SIBARI. Che allude al mare e alla classicità ma indicante precipuamente un atteggiamento, un modo di essere che fu proprio dei greci: l’anelito alla partenza e all’avventura sotto qualsiasi forma, fisica o mentale, per un salto nell’ignoto. Sotto questo aspetto l’opera rappresenta l’attraversamento, l’atto del passare da una parte all’altra, da una forma di conoscenza all’altra, ed è quindi un ideale invito rivolto al fruitore di procedere verso l’avvenire. Dovrebbe essere collocata in luogo aperto e visibile a tutti, passanti, soggiornanti, turisti, anche a distanza.

Come alle porte che aprivano ed aprono alla dimenticanza territoriale che è innanzitutto colpevole dimenticanza di se stessi, della propria identità e delle proprie capacità, è il risultato anche di una lunga attività ed azioni individuali e non, che alimento da diversi anni. Ed è con questo intento che propongo questa idea progetto.

Il progetto “La Porta di SIBARI” è stato pensato camminando tra i laghi di Sibari e gli spazi del museo archeologico e, tra le darsene, barche, tanto verde della natura e azzurro del mare, reperti conservati all’interno, mi sono detto che serviva più attenzione, più sensibilità, più tatto, per veramente rispettare spazio e tempo della visione di fronte a me. Ho pensato che l’arte affina i sensi e che questi inducono allo stupore di un nuovo comportamento. Così come artista, vedendo di più, fiutando di più, che del gusto ho fatto una filosofia, perché “più intenso è il presente, migliore è il futuro”. La porta di Sibari rappresenta una novità installativa site/specific, l’evento è fondato criticamente sulla riscoperta del Genius Loci e della sacralità della natura di un territorio incantevole come questo della sibaritide.

Tradizionalmente è nostro dovere domandare all’arte di fissare ciò che è fuggevole, di illuminare ciò che è incomprensibile, di dare un corpo a ciò che non ha misura, di farci scoprire tutto ciò che è infinito e meraviglioso e che l’uomo può constatare senza comprendere, amare senza saper definire. La creazione artistica prende corpo in quanto rivelazione, adventum, ma al tempo stesso si può manifestare come un’esperienza esplorativa che consente di far condividere in maniera diretta la realtà esperita a quella dimensione immaginativa che invece vibra nell’anima dell’uomo.

LA PORTA di SIBARI progetto ispirato ad una nuova ricerca contemporanea, complessa per i linguaggi sperimentali, ma senz’altro incoraggiamento utile per chiunque desideri penetrare nel vivo il dibattito legato a questo tema centrale sulla mediterraneità contemporanea. Voglio far rivivere attraverso l’arte con i suoi linguaggi e contaminazioni il “Mediterraneo”. Non già perché vivo nel mezzogiorno d’Italia, in quella parte della penisola che fu Magna Graecia. E nemmeno per i sapori, gli odori, i colori di quella terra assolata, dove l’agave svetta al cielo, mentre il mare ora tumultua ora ha voce flebile nella risacca d’estate. Se “luogo mentale”, Mediterraneo si sostanzia di tutte le traversie storiche, mitologiche della sua storia, oltre che della sua bellezza di incantata malìa paesaggistica: in esso è la libertà della polis greca e i miti del ritorno. “RITORNO a SIBARI”. In esso la pietas romana e il senso della mediazione, in esso ancora la sacralità della “cifra” alfa e omega, del messaggio cristiano. Fondamento e sperimentazione si intrecciano in questo luogo che “sta in ascolto della storia universale” (Braudel), fino alla sua recentissima identità, nel pensiero “meridiano” di Cassano e Alcaro, quando “mediterraneo” diventa pensiero duttile, fantasia, creatività in contrasto col pensiero rigoroso, efficientistico della società fordista.

Enzo Palazzo

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