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Come vedono i tedeschi la nostra premier Meloni?

Giorgia Meloni spiegel.jpg"Der Spiegel" è uno dei più quotati settimanali tedeschi, ci scrivono fior di giornalisti tra cui  dal 1999 Frank Hornig che ha studiato storia e scienze politiche a Bonn, Berlino e Parigi. Dal 2019 è corrispondente per l’Italia, quindi osservatore attento di quanto accade nel nostro paese. Abbiamo trovato un suo articolo dal titolo "Un anno di governo Meloni. La presidente del consiglio ha stretto buoni rapporti con Bruxelles per avere mano libera nella politica interna, dove sta attaccando i diritti individuali e sociali". Vi offriamo l'intero articolo che abbiamo trovato tradotto in italiano sul settimanale "Internazionale". (Tempo di lettura 11') (La redazione)

"La cripta dov’è sepolto Benito Mussolini è un luogo piuttosto strano. Una guardia dal volto severo è seduta all’ingresso. La sua camicia nera ricorda i tempi in cui il dittatore fascista era al potere ed era alleato con Adolf Hitler. La guardia non si allontana neanche di un metro dai visitatori. Ci segue da vicino mentre scendiamo nella cripta e presta anche particolare attenzione quando sfogliamo il libro su cui i fan esprimono la loro ammirazione per Mussolini. “La famiglia non vuole”, afferma. Poi accetta di rispondere ad alcune domande. Cosa sono quegli oggetti nella nicchia dietro il sarcofago? “Sono gli stivali che indossava l’ultimo giorno”, dice con un sorriso reverenziale. E la piccola scatola di marmo lì accanto? “Contiene il suo cervello”. Gli americani portarono parte del cervello di Mussolini negli Stati Uniti per farlo esaminare e lo restituirono solo nel 1966. “Grazie Duce”, recita il nastro su una corona di fiori. Davanti al sarcofago c’è un lume acceso a forma di fiamma, la stessa fiamma che si può vedere sulle bandiere di Fratelli d’Italia(Fdi). Fa parte del simbolo del partito di cui Giorgia Meloni è la leader. Chi visita Predappio, il paese d’origine dell’ex dittatore, non deve aspettarsi di trovare prove di una rivalutazione critica della storia italiana della seconda guerra mondiale. La cittadina nella campagna riminese è il luogo in cui si venera un eroe. Alla fine di luglio i nostalgici hanno celebrato il 140° anniversario della nascita del loro idolo. A ottobre del 2022 hanno commemorato la marcia su Roma, che cent’anni fa diede il via al regime fascista.

Giorgia Meloni 2.jpgMa è tutto qui? Il culto di Mussolini ci può fornire qualche indizio in più sulla politica italiana di oggi? Su Giorgia Meloni, definita la leader italiana più di destra dal 1945? O gli avversari stanno semplicemente sfruttando i fantasmi del passato per screditare una normale conservatrice, come dicono i suoi sostenitori ? Un anno fa, il 25 settembre 2022, il partito di Giorgia Meloni ha vinto le elezioni. È stato un trionfo personale: in appena dieci anni è stata capace di far crescere Fratelli d’Italia, che ha contribuito a fondare, dall’1,96 al 26 per cento.

Giorgia Meloni riceve il presidente Ucraino Zelenskyj, Roma 13.5.23.jpg(Giorgia Meloni riceve il presidente Ucraino Zelenskyj, Roma 13.5.23) Il successo di questa populista di 46 anni ha suscitato timore nei cuori di molti italiani ed europei, ma ha anche catturato la fantasia di molti altri. Inizialmente si temeva che avrebbe portato il paese verso l’estrema destra. Il presidente degli Stati Uniti Joe Biden aveva espresso la preoccupazione che in Italia fosse in pericolo la democrazia. Invece, a luglio, dopo aver ospitato la presidente del consiglio alla Casa Bianca, ha dichiarato: “Siamo diventati amici”.

Assorbire o emarginare. Ma quello che Meloni vuole veramente e rappresenta non è ancora chiaro. La sua storia sembra quasi troppo perfetta. Una donna di origini semplici che si è fatta strada fino al vertice. I nonni non avevano neanche un divano nel loro appartamento e la madre manteneva la famiglia scrivendo romanzi rosa. Meloni ha lavorato come baby-sitter e cameriera prima di entrare in politica. Questo, almeno, è ciò che racconta nella sua autobiografia, criticata perché incompleta. Abituati alla sua presenza in politica da tanto tempo, molti italiani non la consideravano un’estremista, nonostante le sue dichiarazioni passate dimostrassero chiaramente quali erano le sue simpatie. “Ho un rapporto sereno con il fascismo”, spiegava molti anni fa. Da adolescente ha fatto parte dell’organizzazione giovanile del Movimento sociale italiano, un partito mussoliniano. Nel 1996 dichiarò che Mussolini era stato un “buon politico”. Oggi non le piace che le vengano ricordate queste affermazioni, anche se di recente ha imitato il saluto romano di fronte ai suoi alleati di partito. Per scherzo, dice. Meloni vuole trasformare Fratelli d’Italia in un movimento nazional-conservatore, sotto la sua guida, senza concorrenti. I suoi alleati sono in difficoltà: il segretario della Lega Matteo Salvini e i parlamentari di Forza Italia possono scegliere se unirsi a lei o diventare insignificanti, questo è il suo calcolo politico. E non ha molto da temere a sinistra, visto che i partiti all’opposizione sono ai ferri corti su varie questioni.

Assorbire o emarginare: sembra questa la strategia di Meloni, con l’obiettivo finale di non essere spazzata via dalla scena politica dopo uno o due anni, come è toccato a tanti suoi predecessori. Vuole rimanere al potere per molto tempo. I parlamentari del suo partito hanno già cominciato a parlare di una “terza repubblica”. La prima era cominciata con la fine della monarchia nel 1946 e la seconda con l’elezione di Berlusconi nel 1994. Ora, dicono, sta nascendo una nuova epoca: l’era di Giorgia Meloni. Le sue ambizioni vanno ben oltre i confini dell’Italia: dopo aver preso il potere a Roma, ora ha gli occhi puntati su Strasburgo e Bruxelles. A otto mesi dalle elezioni del parlamento europeo, sta cercando di mettere insieme un’alleanza di partiti populisti e conservatori di destra.

Giorgia Meloni 3.jpgImmagina un’Europa dominata da una destra unita quando questa trionferà il prossimo anno. La presidente del consiglio italiana ha dimostrato un’abilità politica di gran lunga superiore a quella di Salvini, che quando era ministro dell’interno ha fatto innervosire molti parlamentari europei con le sue leggi razziste sull’immigrazione. La posizione di Meloni sui migranti è più cauta, come se avesse prima di tutto in mente i loro interessi. Dall’Algeria alla Tunisia alla Libia e all’Etiopia, ha lanciato un’offensiva diplomatica in Africa che le è valsa il rispetto di tutta l’Europa, anche se i suoi sforzi hanno lo stesso obiettivo di quelli di Salvini: impedire agli stranieri di raggiungere l’Italia. Con il suo netto atteggiamento filoccidentale sull’Ucraina si è guadagnata il rispetto anche degli alleati della Nato. Nel 2022, appena arrivata a palazzo Chigi, la sede del governo italiano, ha subito messo fine alla sua campagna contro l’Unione europea. Un mese prima di vincere le elezioni aveva detto: “L’Europa è preoccupata? È finita la pacchia”. Si è schierata con l’occidente sulla politica cinese e sta cercando di tirar fuori l’Italia dalla Belt and road iniziative di Pechino (la nuova via della seta) senza perdere la faccia, dopo che nel 2019 il suo paese era stato l’unico del G7 ad aderire a questo vasto programma cinese d’investimenti. “Open to meraviglia” è lo slogan che il governo italiano sta usando in una campagna di promozione globale in cui s’immagina la Venere di Botticelli, con i riccioli di un biondo rossastro, come una moderna influencer che posa per un selfie in piazza San Marco a Venezia o sfila in bici davanti al Colosseo. Lo slogan in inglese, a dire il vero, violerebbe una proposta di legge presentata da Fratelli d’Italia che sanziona l’uso delle parole straniere con multe fino a centomila euro. Ma l’obiettivo della campagna è chiaro: l’opinione pubblica deve dimenticare i toni bellicosi che la leader di Fratelli d’Italia ha usato per mobilitare i suoi sostenitori in vista delle elezioni. Meloni si sta reinventando, il mondo del populismo di destra è diventato troppo piccolo per lei. Anzi, è così ansiosa di stare sotto i riflettori della politica globale che a volte sembra quasi che stia evitando di occuparsi delle faccende interne. Ma ci si può fidare di lei? Ha davvero messo da parte la rabbia per proporsi come una moderata? O sta cercando di farlo credere per consolidare il suo potere, prima di riprendere con più forza le sue vecchie posizioni xenofobe, nazionaliste, omofobe e antiabortiste? Meloni dà l’idea di creare un modello da imitare per altri populisti di destra: mostrare solidarietà con l’Unione europea e la Nato all’estero per avere mano libera nel proprio paese.

La vittoria a Catania. Il palazzo degli Elefanti, come è chiamata la sede del municipio nel cuore di Catania, si trova a pochi passi dal mercato del pesce. Tutto in questa città sulla costa orientale della Sicilia è nero. Anche la scultura dell’elefante nel cortile è modellata in roccia lavica scura. Il sindaco Enrico Trantino, di Fratelli d’Italia, è nel suo ufficio al secondo piano. Grosse tende dorate incorniciano le alte finestre e un dipinto a olio della patrona della città, sant’Agata, è appeso dietro la sua scrivania. Da mesi la città metropolitana di Catania, un milione di abitanti, è la roccaforte di Fratelli d’Italia. Mai prima dello scorso maggio il partito postfascista, fondato nel 2012, aveva vinto le amministrative in una grande città. Ma Catania dimostra che Meloni non è stata eletta per caso. La sua coalizione di destra ha vinto in quasi tutte le regioni, ma in pochissime parti il successo è stato così netto come in questa città all’ombra dell’Etna: Trantino ha ottenuto il 66 per cento dei voti, quasi il doppio di quelli ottenuti da Meloni alle politiche dello scorso anno. Il nuovo sindaco è un intellettuale che ama la letteratura. Con voce calma, cita una pagina della sua opera preferita, Il Gattopardo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa. “Dormire. Questo vogliono i siciliani. E odieranno sempre chi cerca di svegliarli, non importa quanto siano belli i regali che porta”. Purtroppo, dice, c’è una forte tendenza alla rassegnazione, una sorta di decadenza, soprattutto morale. La gente non crede più in niente e nessuno, “e questa città ne soffre”. Trantino, 59 anni, descrive timidamente il suo successo. “Non ero nemmeno tra i possibili candidati”, dice, aggiungendo che il mestiere di avvocato lo impegnava molto. Ma la sera del 4 aprile 2023, racconta, Meloni lo ha chiamato e gli ha chiesto di presentarsi alle elezioni. “Enrico, devi farlo”, gli ha detto. Poco più di un anno fa Fratelli d’Italia era ancora un piccolo partito d’opposizione. Ora Meloni sta cercando di allontanarlo dall’estremismo e guidarlo verso il conservatorismo di centrodestra, verso persone come Trantino. “La sua capacità di leadership, le sue idee e le sue doti comunicative sono ormai riconosciute da tutti”, dice Trantino. “Penso che come politica Giorgia sia cresciuta e continuerà a crescere”. Il sindaco è molto abile nel tradurre gli slogan estremisti del vecchio mondo di Fratelli d’Italia in una politica conservatrice che suona sobria ma ancora decisamente di destra. Come quando il partito ha cancellato il cosiddetto reddito di cittadinanza, una delle poche iniziative di sostegno sociale in Italia. “Uno dei motivi della degenerazione del sud è che abbiamo sviluppato il gusto per l’assistenzialismo”, afferma Trantino. Questo ha complicato la ricerca di nuovi dipendenti per molte aziende, continua. Usa toni di destra quando mette in discussione le richieste di asilo: “Se limitiamo le migrazioni dal Nordafrica, non lo facciamo per andare contro i nostri fratelli con i quali il destino è stato meno generoso”. Naturalmente l’Italia deve accogliere i rifugiati, ribadisce. Purtroppo, però, aggiunge, lo spazio per l’integrazione non è ampio. Secondo Trantino, i problemi che affliggono la sua città e l’Italia in generale possono essere risolti solo se le persone riflettono sulla propria identità. “Dobbiamo essere consapevoli della nostra unicità come italiani, come siciliani, come catanesi”. Questo, dice, rende più facile pianificare un futuro migliore. Le speranze che sono state risvegliate dal populismo di destra sono evidenti a Pesaro, sul mare Adriatico, dove in estate le lunghe spiagge sabbiose sono coperte da file di ombrelloni colorati. Sabina Cardinali guarda il mare con un profondo sospiro: “Non sappiamo se abbiamo un futuro qui”. Per decenni la sua famiglia ha sistemato ombrelloni e lettini sul tratto di spiaggia che ha in concessione. I Bagni Tino hanno le cabine e un piccolo ristorante di pesce. L’Unione europea, però, chiede che il mercato delle spiagge italiane sia liberalizzato. Il piano prevede di fare un bando di gara europeo per assegnare le concessioni dei tratti balneabili. Questa decisione preoccupa molto Cardinali e altri operatori del settore, che lei rappresenta come presidente del gruppo Cna stabilimenti balneari: “Siamo quasi tutte aziende a conduzione familiare. Qui non ci sono catene di hotel anonimi e società da miliardi di euro come sulla Costa Brava”. La battaglia per le spiagge ha mobilitato persone in tutto il paese, e Meloni l’ha usata in campagna elettorale per alimentare l’ostilità verso l’Unione europea, sostenendo che trentamila operatori stavano per essere “espropriati”. Cardinali sfoglia un libro su Pesaro in cui ci sono vecchie foto di vacanzieri che fanno sci d’acqua e la pubblicità del Campari. L’età dell’oro. “Questa è la storia di Pesaro. Ma è anche la storia dell’Italia”, dice. “Le nostre spiagge hanno plasmato l’identità italiana”. Cardinali e l’associazione che rappresenta hanno condotto una lunga battaglia contro la Commissione europea, andando perfino a Bruxelles. Inutilmente, spiega. “Il governo italiano avrebbe dovuto sostenere i nostri interessi in Europa, ma non l’ha fatto. L’Italia non ha difeso le sue aziende”. Non importa quale governo ci fosse, nessuno ci ha aiutato, racconta. “Ci hanno tutti mollato come una patata bollente”. Sulle concessioni c’è ancora molta incertezza (dovrebbero scadere alla fine del 2024 e poi dovrebbe cominciare la competizione a livello europeo). In futuro, le spiagge di tutto il mondo potrebbero finire nelle mani di grandi investitori, spiega Cardinali: “E allora l’identità italiana scomparirà”. Dice di essere di sinistra, ma è diventata una fan di Meloni. “Ho grande fiducia nella presidente del consiglio. È una persona pragmatica. Per la prima volta qualcuno ci ascolta e presta attenzione al nostro problema”. Macchina per la propaganda Il filo conduttore della carriera politica di Meloni è sempre stato la lotta contro l’Europa e contro i valori di una cosiddetta cultura di sinistra. Nel suo racconto i precedenti governi italiani erano sciocchi “che si vendevano agli interessi dei francesi e dei tedeschi”. Oppure erano servi di Bruxelles. “Vogliamo uscire dall’euro”, inveiva.

Giorgia Meloni 1.jpgL’alto debito pubblico dell’Italia, gli stipendi relativamente bassi e i problemi nella politica migratoria: per Meloni è sempre colpa dell’Europa. Il paese, come dice spesso, ha un disperato bisogno di veri “patrioti” disposti a difenderlo e a combattere il “fondamentalismo climatico” e “l’ideologia di genere”. “Sono una donna! Sono una madre! Sono cristiana!”, ha ripetuto durante le sue numerose apparizioni pre-elettorali. “Se tu ti senti offeso da un crocifisso, vai a vivere da un’altra parte”. La sua campagna, focalizzata sulla politica identitaria, non solo l’ha fatta vincere, ma sta avendo degli effetti ancora oggi. In un sondaggio fatto all’inizio di luglio dall’istituto Demos per il quotidiano la Repubblica, solo il 31 per cento dei sostenitori di Fratelli d’Italia ha dichiarato di fidarsi dell’Unione europea. Per Meloni, questo si traduce in un delicato gioco d’equilibrio. Come presidente del consiglio deve stare attenta a non bruciare i ponti con Bruxelles. Non vuole mettere in pericolo i duecento miliardi di aiuti che l’Unione europea ha concesso al paese per riprendersi dalla pandemia di covid-19 (l’Italia riceve più fondi di qualsiasi altro stato). Ecco perché sorride davanti alle telecamere insieme alla presidente della commissione europea Ursula von der Leyen. E perché ha cercato di stabilire legami più stretti con il cancelliere tedesco Olaf Scholz e il presidente francese Emmanuel Macron. Meloni non vedeva l’ora di far cadere il governo di Mario Draghi, ma poi ha mantenuto la sua stessa linea su alcune questioni di fondamentale importanza. Al ministero più importante, quello dell’economia, c’è Giancarlo Giorgetti, come nel governo Draghi. Anche il governatore della Banca centrale è considerato uno della squadra di Draghi. E visto l’attuale dibattito sul bilancio, si potrebbe pensare che ci sia lui al potere, e non la leader di Fdi. Meloni è più draghiana di Draghi, è la battuta che circola a Roma. Ma il rovescio della medaglia è evitare la rabbia di una base elettorale che si è innamorata di lei proprio per la sua retorica antieuropea. Questo spiega perché la presidente del consiglio parla così spesso di “patria”. E perché difende le spiagge italiane contro Bruxelles, come baluardi identitari. La sua strategia di comunicazione è studiata in parte per aiutarla a mantenere questo equilibrio. Meloni non ama le conferenze stampa né le interviste e ha rifiutato di rispondere a diverse domande inviate dal nostro giornale. Preferisce comunicare le sue decisioni senza filtri. “Appunti di Giorgia”, è il nome che ha scelto per la sua serie di video, diffusi sui social media. “Le persone spesso mi chiedono perché vado sempre in giro con un quaderno”, dice nella prima puntata. “Scrivo tutto: cosa devo fare, cosa devo ricordare, i miei pensieri”. Naturalmente nei filmati parla solo di buone notizie. Anche la Rai la sta aiutando. Meloni ha persone a lei vicine a capo delle varie reti televisive e nei più importanti talk show politici. A proposito dell’epurazione ha dichiarato che voleva rompere “l’egemonia” della sinistra e “liberare la cultura italiana”. Da allora la Rai è spesso chiamata scherzosamente “Tele-Meloni”. Sono pochissime anche le critiche provenienti dalle reti private, dato che la maggior parte dei canali è di proprietà della famiglia Berlusconi, che finanzia Forza Italia, uno dei partiti della coalizione di governo. L’ottimo funzionamento di questa macchina per la propaganda è dimostrato dalla politica migratoria. Nei primi otto mesi di quest’anno il numero di migranti arrivati in Italia via mare è più che raddoppiato rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso, quando era in carica Draghi. Se fosse ancora all’opposizione, Meloni sarebbe senza dubbio infuriata per questa “invasione” e per l’incompetenza di chi è al governo. Oggi, invece, i numeri record non sono considerati un problema neanche dai mezzi d’informazione. I titoli negativi quasi non toccano la leader, che sembra aver stabilito un’efficiente divisione di compiti con gli altri componenti della sua coalizione: lei brilla sulla scena internazionale mentre le provocazioni destinate a uso interno sono lasciate ai sottoposti. Uno di questi è Francesco Lollobrigida, suo cognato e ministro dell’agricoltura, che ama diffondere la teoria della sostituzione etnica, cara agli estremisti di destra, secondo cui esiste una congiura per sostituire il popolo italiano con gli africani. Poi c’è la ministra della famiglia Eugenia Roccella, un’ultracattolica che ha detto che “purtroppo” esiste il diritto all’aborto. Secondo Roccella, la legge italiana sulle unioni omosessuali è un segno della fine dell’umanità, anche se comunque non garantisce gli stessi diritti delle coppie eterosessuali. Il suo collega al ministero dell’istruzione, Giuseppe Valditara, nel frattempo ha elogiato le virtù dell’educazione autoritaria, affermando che “l’umiliazione è un fattore fondamentale nella crescita e nella costruzione della personalità”. Il sottosegretario alla cultura Vittorio Sgarbi ha usato la visita a un museo per esprimere opinioni sessiste e parlare dei suoi genitali. Per non essere da meno, il presidente del senato Ignazio La Russa, seconda carica dello stato, ha tenuto un busto di Mussolini nel suo appartamento per un bel po’ di tempo, e ha parlato di “donne grasse, brutte, stupide” in politica. Il governo Meloni è andato avanti anche sulle politiche più controverse. A luglio ha inviato un sms a 169mila persone che ricevono il reddito di cittadinanza per comunicare che il programma sarebbe stato interrotto alla fine di agosto, nonostante i sindacati avessero avvertito il governo che sarebbe potuta scoppiare “una bomba sociale”. Le prossime elezioni europee In un caldo pomeriggio d’estate Lucio Malan ci riceve nel suo ufficio in parlamento. Il capogruppo di Fratelli d’Italia è uno dei parlamentari più longevi del paese, visto che è senatore da ventidue anni. Prima faceva parte di Forza Italia, ora del partito di Meloni. È di ottimo umore. “Non ho mai visto una coalizione unita come questa”, dice, esaltando la “capacità di leadership” e “l’affidabilità” della presidente del consiglio. Poi elenca tutte le cose che, a suo avviso, stanno andando nella giusta direzione. “Il mercato azionario è salito di circa il 30 per cento e l’inflazione è in calo”. I disastri che molti avevano previsto dopo la vittoria elettorale della destra, dice con orgoglio, “non si sono materializzati”. Più a lungo si parla con Malan, più luminoso sembra essere il futuro dell’Italia.

“La maggior parte dei cittadini ha fiducia nella stabilità del governo. Questo crea un buon clima per gli investimenti, per i consumi e per fare figli”, dice. “Stiamo facendo il possibile per mettere il paese su un percorso di crescita”. E cosa pensa degli slogan aggressivi e antieuropeisti che Meloni ha diffuso fino alla sua vittoria elettorale? “Solo pochissimi politici si astengono dall’usare un linguaggio forte durante la campagna elettorale”, dice Malan. “Noi crediamo nell’Europa”. Se la destra riuscirà a ottenere la maggioranza al parlamento europeo con il voto del 2024, spiega Malan, l’Unione dovrà finalmente cambiare direzione. Per esempio sulla questione del clima. La Commissione europea, dice, diffonde l’idea che “gli esseri umani sono nemici della natura”. Questo, per lui, è fuorviante. Tuttavia, i governi e i partiti che vedono le cose in modo diverso, sembra far capire Malan, non devono preoccuparsi. “L’Italia ha dimostrato di saper dialogare con chiunque”. Abbozza una visione del mondo in cui c’è posto per tutti, citando come esempio le parate del Pride, con cui la comunità lgbt+ rivendica i suoi diritti. “Si può essere orgogliosamente gay, lesbica, transessuale, eccetera eccetera”, dice. “Ma anche orgogliosi di essere italiani, di avere una famiglia e di avere valori imprescindibili”. Camerati scontenti C’è veramente spazio per tutti? Alla fine di giugno Chieti – una piccola città universitaria sulle colline abruzzesi – ha ospitato il suo primo Pride. I genitori dello stesso sesso, con i loro figli, sono stati presi a sputi, insultati e minacciati. Hanno dovuto essere protetti dalla polizia mentre si dirigevano verso le loro auto per fuggire. Alessia Crocini, presidente dell’associazione Famiglie arcobaleno, era partita da Roma per partecipare alla manifestazione. È stata a decine di eventi di questo tipo nella sua vita. “In vent’anni non avevo mai visto nulla di simile”, dice. Ha riflettuto a lungo su come è cambiato l’umore in Italia: “Fratelli d’Italia è sempre stato in minoranza con le sue posizioni contro la comunità lgbt+, ma oggi occupa alcune delle più alte cariche del paese. Naturalmente un ragazzo di vent’anni che vuole essere provocatorio si sente più forte se le persone al governo condividono le sue idee”. Come presidente del consiglio, dice Crocini, Meloni è la massima rappresentante di uno dei paesi fondatori dell’Unione europea. Non può più usare i suoi slogan populisti al tavolo con le altre potenze del continente. “Ma può tranquillamente attaccare le famiglie arcobaleno”, dice. In Italia i bambini con due madri o due padri hanno già meno diritti che negli altri paesi dell’Europa occidentale. Crocini lo ha sperimentato personalmente con suo figlio. “Per anni sono stata una madre ombra”, racconta. Visite dal medico, appuntamenti in uffici pubblici, non poteva fare niente di tutto questo senza la madre biologica. Il nuovo governo intende inasprire ulteriormente le regole. Il divieto della gestazione per altri è già stato ampliato e un parlamentare di Fratelli d’Italia lo ha definito “un reato più grave della pedofilia”. Il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha criticato questa linea quando ha parlato con Meloni, e il parlamento europeo ha approvato una risoluzione contro la legge italiana, ma Crocini è convinta che la discriminazione continuerà: “L’intera comunità lgbt+ è sotto attacco”. Cosa possono aspettarsi l’Italia e l’Unione europea da Giorgia Meloni? Esistono varie correnti del populismo di destra europeo. C’è Vox, il partito spagnolo alleato di Meloni, che si concentra su questioni molto più radicali, una strategia che a luglio si è dimostrata fallimentare quando il partito ha perso delle elezioni che molti pensavano avrebbe vinto.

Giorgia Meloni con Katrín Jakobsdóttir, premier islandese, e Viktor Orban, Granada 5.10.23.jpg(Giorgia Meloni con Katrín Jakobsdóttir, premier islandese, e Viktor Orban presidente ungherese, Granada 5.10.23) Poi c’è Viktor Orbán, il primo ministro ungherese. Da anni è il leader indiscusso della destra europea, una sorta di idolo. Le sue politiche sono state un riferimento per molti giovani populisti ambiziosi. Meloni, però, ha scelto di seguire una strada diversa. Ha capito che la retorica estremista non è particolarmente ben accetta in Italia ed è riuscita a liberarsi abilmente di Orbán come mentore. Il primo ministro ungherese è invecchiato e anche le sue idee. La presidente del consiglio italiana ha lasciato passare quasi un anno dalla sua elezione prima di fare una breve visita al patriarca della destra a Budapest. La sua metamorfosi sembra ormai quasi completa: vuole prendere il posto del leader ungherese e diventare la nuova stella nei cieli della destra europea. Alcuni timori che accompagnavano la sua vittoria non si sono avverati. Meloni non ha per il momento spaccato l’Unione europea. E durante il suo primo anno in carica non ha avuto atteggiamenti apertamente neofascisti o postfascisti. Tuttavia la coalizione di governo sta sostenendo un tipo di politica nazionalista tutt’altro che inclusiva. Con l’approvazione di Meloni. La prima donna a guidare un governo in Italia resta un personaggio con molte contraddizioni. Nella terra di Mussolini, Francesco Minutillo, a Forlì, accetta di rilasciarci un’intervista. Nel suo studio legale, dietro la scrivania, c’è un busto del duce, che lui ammira e considera un grande statista. “Ha costruito l’Italia”, dice. Conosce Meloni da molti anni. Mentre lei fondava Fratelli d’Italia a Roma, lui si occupava di costruire il partito a Forlì e di appoggiare la sua campagna elettorale nella regione. Ma oggi afferma di non riconoscerla più. “Giorgia Meloni non era un’atlantista. Era contraria alle sanzioni contro la Russia”, osserva Minutillo. “E oggi stiamo perfino mandando armi all’Ucraina!”. E sull’euro: “Abbiamo sempre detto che una moneta italiana sarebbe il primo segno di libertà e autodeterminazione”. Ma da quando Fdi guida il governo, l’euro è diventato improvvisamente una cosa meravigliosa. Meloni parlava di un blocco navale. “Ma adesso non ha nessuna intenzione di attuarlo”. Per la frustrazione Minutillo ha lasciato il partito. Meloni è una donna estremamente astuta e intelligente, una giovane di destra che si è spostata al centro, commenta. “Si vergogna delle sue idee. Si vergogna della sua eredità politica. Si vergogna di essere fascista”.

Fonte: Settimanale "INTERNAZIONALE", autore Frank Ornig

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