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Sibari: Vacanzieri in aumento ma commercio in ribasso

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L’estate è da poco terminata e, come di consueto, gli operatori turistici tirano le somme di una stagione illuminata dai fuochi, ahimé, non fatui appiccati dappertutto in Calabria: dalle montagne alle pianure, dalle colline ai boschi sul mare. Uno stillicidio continuo con danni immensi di cui Roberto Russo sulla rivista “Il Ponte” ci offre un’immagine tetra di una situazione difficilmente sanabile. (In coda alla presente nota trovate l’articolo) Pur consapevoli di questa dannata piaga che affligge la nostra regione e anche la Sibaritide, ognuno degli imprenditori turistici piccoli e grandi che hanno operato sul nostro territorio deve necessariamente fare un po’ di conti onde prepararsi al meglio per la stagione prossima. La stampa ci ha segnalato aumenti di presenze e questo è un dato certo. Molti italiani hanno avuto timore di andare in vacanza in alcune delle località all’estero a rischio terrorismo e così hanno scelto di restare in Italia e di venire anche in Calabria. Nel nostro comune di Cassano l’aumento di presenze si è avuto SOLO nei mega-villaggi turistici che, ad occhio e croce, hanno fatto registrare circa 400'000 presenze che hanno fatto confluire nelle casse del comune, con la tassa di soggiorno, una sommetta non indifferente che ci azzardiamo a ipotizzare intorno a €800'000

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Giusto per ricordare le tariffe vigenti della tassa, ecco qui di fianco la tabella pubblicata sul sito del Comune di Cassano.

Facendo il “conto della serva”, diciamo che nelle casse dei gestori dei villaggi-hotels sono finiti circa 22 Milioni di Euro dei quali sono rimasti sul nostro territorio pochi “spiccioli”. Quelli per pagare il personale locale, per lo più con contratto determinato a 4 mesi (salvo alcune eccezioni) e i pochi acquisti per le “vettovaglie” fatti presso aziende nostrane, perché il grosso viene acquistato dalle grandi catene di distribuzione per strutture ricettive che non hanno sede in Calabria, pur avendo nella nostra regione grandi depositi.

E com’é andata ai piccoli imprenditori locali? Diremmo MALUCCIO. Intanto i nostri operatori economici che puntano sul turismo (escludendo le strutture ricettive) sono commercianti di varia natura che svolgono le loro attività a Marina e ai Laghi di Sibari, ma non dimentichiamo anche i negozi, i ristoranti, i bars ecc. che, pur operando nell’immediato entroterra, potrebbero avere un vantaggio dalla circolazione delle migliaia di vacanzieri soggiornanti sulla costa. Il condizionale è d’obbligo, perché i villeggianti chiusi nelle megastrutture ricettive difficilmente mettono il naso fuori dai cancelli, vuoi perché non si fidano, vuoi per mancanza d’informazioni, vuoi perché, in fin dei conti, all’interno dei villaggi hanno tutto quello che serve per una settimana di permanenza. Sapeste quanti di loro neanche sanno dove esattamente sia ubicato il loro albergo, se in provincia di Cosenza o Reggio.

Non ci credete? Dovreste stare in mezzo ai vacanzieri che arrivano in aereo per sentire le loro osservazioni. Roba da far inorridire anche il più cretino dei nostri corregionali. (Prima o poi dovrò risolvermi a scrivere un libro sulle scemenze e sulle “leggende” circolanti tra i nostri “fratelli” del nord riguardanti la Calabria sentite in circa 40 anni di lavoro nel turismo).

Quindi i nostri commercianti nella appena trascorsa stagione turistica non hanno avuto quei risultati che era giusto aspettarsi con l’aumento delle presenze. C’è da dire, inoltre, che nei quartieri residenziali di Marina e Laghi di Sibari sono invece diminuite in modo massiccio le “fittanze”, le famiglie che venivano a trascorrere almeno due settimane di vacanza in quelle località sono diminuite di circa l’80%, ed erano proprio quelle presenze che costituivano la clientela migliore dei piccoli e medi imprenditori commerciali locali. Ma anche molti degli stessi proprietari di immobili non sono venuti come al solito a soggiornare nelle loro case, salvo una o due settimane in agosto.

Marina e Laghi di Sibari hanno perso il loro appeal, diciamolo chiaramente, non è con gli amplificatori a tutto volume del karaoke o dei televisori nei bars fino alle cinque del mattino che si possono attrarre maggiori presenze. E’ necessario pensare di offrire servizi più indirizzati verso presenze di mezz’età, anche nei periodi di media stagione, con un’adeguata campagna promozionale che coinvolga tutti (pubblico e privati) e renda fruibili tutte le peculiarità che il territorio può offrire in termini gastronomici, archeologici, naturalistici ecc ecc.

E’ necessario partire da subito per poter apparecchiare quanto necessario affinché anche la prossima stagione attragga maggiori presenze non solo nei megavillaggi ma anche nelle piccole strutture ricettive e in quelle località che erano considerate i fiori all’occhiello del nostro comune: Marina e Laghi di Sibari.

Antonio Michele Cavallaro

Calabria: una messa a fuoco

ponte.jpgL’estate appena trascorsa ha confermato un triste primato italiano: la sua più meridionale regione peninsulare, la Calabria, è e resta una delle porzioni più povere e dimenticate del Paese. Una regione afflitta da antichi vizi e incurabili mali che, seppur tipici di tutta una nazione, nel Mezzogiorno sembrano ingigantirsi per assumere proporzioni ciclopiche. Una vecchia storia legata a una ben nota “questione meridionale” mai risolta, che ci si trascina dietro almeno dall’Unità d’Italia e che, nelle sue camaleontiche variabili ideologiche, sociali, territoriali e politiche, rimarca una perseveranza nel malcostume dura a morire. Nonostante i falsamente buoni (quanto inutili) propositi delle classi dirigenti locali susseguitesi negli ultimi decenni, lo status di regione ultima, quindi, non solo permane ma, purtroppo, si rafforza inesorabilmente.

“Calabria, Mediterraneo da scoprire”, recita uno slogan del lontano 1996 ancora in voga, promosso dall’Assessorato al Turismo della regione nel rimarcare le potenzialità di un territorio per molti versi baciato da madre natura. Peccato, però, che questo lembo di terra, prevalentemente montuoso ma con ben 800 km di costa, non sembri riuscire a far fronte a una incuria nei confronti dell’ambiente, suo valore supremo, che ha dell’incredibile. In questo, l’estate appena trascorsa, con l’intera area regionale sconquassata da quasi 8.000 incendi boschivi e di macchia mediterranea, ha segnato un record assoluto, lasciando, nell’incredulità degli abitanti e nel silenzio quasi totale dei media nazionali, un segno indelebile nel territorio e nel suo tessuto sociale; un vero e proprio marchio, quasi a voler ricordare, se mai se ne fosse persa coscienza, che quella è terra di nessuno, irrecuperabile, gestita da una malavita che non dà respiro e che ne fa quel che vuole, avallata da una governance che, corresponsabile del disastro già solo per non trovarvi rimedio, non genera alcun futuro e alcuna speranza. Un quadro duro e impietoso, insomma, nel quale ignavia e incapacità di riscatto hanno provocato una drammatica devastazione, sociale quanto ambientale, endemicamente presente anche nel suo sviluppo economico, nella sua ormai quasi inesistente cultura, nella produzione e nelle attività umane tutte.

Le ragioni di tale distruzione, tante e fortemente intrecciate tra loro, saranno da ricercare in un’atavica affezione allo status quo, in un profondo disprezzo del territorio che non trova spiegazioni, ma anche, nella fattispecie, in una completa indifferenza alle tematiche ambientali, sia a livello popolare che istituzionale. Quasi che la Calabria sia il punto focale delle tre emergenze più scottanti dell’intero Paese, anch’esse indissolubilmente intrecciate: legalità, cultura e ambiente. Timidi, seppur significativi, segnali vengono dalla reazione di associazioni e comitati costituitisi per far fronte al degrado, i quali potranno fiorire solo se gli organi di Stato daranno loro adeguato supporto e appoggio.

di Roberto Russo

Fonte: www.ilponterivista.com

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