"Secondo l’Istat, la Piana di Sibari comprende i territori di Cassano Jonio, Terranova da Sibari, Spezzano Albanese, San Lorenzo del Vallo, Francavilla Marittima, Cerchiara di Calabria, Villapiana e Trebisacce, ma per la loro valenza economica nell’ambito dell’agricoltura e per aver delle fasce di territorio connesse con le altre, possono essere considerate facenti parte della Piana anche Rossano, Corigliano, Vaccarizzo Albanese e San Giorgio Albanese".
Questo é l'incipit di un'interessante pubblicazione di Salvatore BUGLIARO recentemente data alla stampa dal titolo "L’AGRICOLTURA NELLA SIBARITIDE IN ETÀ MODERNA". Il titolo è già molto esplicativo e l'opera é frutto di un paziente lavoro di ricerca portato avanti con dedizione e con assoluto rispetto dei documenti dai quali sono state estrapolate le notizie riportate, come del resto l'autore da sempre ha fatto nelle sue innumerevoli pubblicazioni.
Nessuna voglia di polemizzare, da parte mia, su quali territori possono essere considerati facenti parte della "Piana di Sibari" o di un territorio più vasto che molti definiscono "Sibaritide". Certo é che l'influenza dell'arcaica Sybaris si estendeva anche aldilà dei confini dell'odierna area ionico-cosentina, quindi consideriamo pure, se vogliamo, Sibaritide tutto l'arco ionico cosentino da Rocca Imperiale a Cariati. Quel che mi ha interessato molto nel libro di Bugliaro sono le notizie riguardanti la demografia del territorio oggetto di studio.
"Dopo gli eventi calamitosi del Seicento, quali il terremoto del 1638, la peste del 1656, le epidemie, la malaria, le alluvioni e la carestia, la Calabria settentrionale, allora chiamata Citra, per distinguerla dall’Ultra, la meridionale, ebbe l’incremento del 16,3%, passando dai 17.225 abitanti circa del 1669 ai 20.229 di metà ‘700 e addirittura il 150,5% nel 1861 con 50.178 abitanti. Nel 1743, Rossano , nonostante avesse richiamato gente non solo dai paesi confinanti, ma anche da Cosenza, dai suoi casali e da Crotone, non aumentò di popolazione, ma nemmeno la diminuì, avendo avuto 5.283 abitanti. Corigliano invece ottenne l’incremento del 13,3%, passando dai 5.962 abitanti del 1669 ai 6.758 di metà ‘700."
Importante il dato generale sulla popolazione della Calabria citra, che allora comprendeva oltre l'attuale Cosenza anche parte delle province di Catanzaro e Crotone, con complessivi 50.178 abitanti.
"Nel 1861, alle città con più di 5mila abitanti si aggiunse Cassano Jonio che dai 1.278 abitanti del 1669 passò a 1.714 unità a metà ‘700 e a 8.890 nel 1861, ottenendo un incremento del 418,7%. Ormai, erano terminate le difficoltà sorte con il duca di Corigliano, che aveva realizzato lavori di arginatura sulla riva destra del Coscile, pregiudicando la sicurezza del territorio sulla riva di Cassano, e il duca Giuseppe Serra bonificò e arginò le acque del Coscile e del Crati, provvidendo al disboscamento e dissodando i terreni seminativi di Polinara, con gran beneficio dei contadini e delle famiglie."
Su questi ultimi dati vorrei focalizzare l'attenzione dei lettori. Nel 1861, quindi, una delle città più popolose della Sibaritide era proprio Cassano che con 8.890 abitanti teneva testa sia a Corigliano che a Rossano. E' necessario tener conto che Sibari non esisteva ancora e Lauropoli e Doria non avevano insieme più di mille residenti. Quindi quello che oggi definiamo Centro Storico conteneva circa 8mila abitanti. Se si vuole fare un confronto con la situazione attuale notiamo che Cassano Centro, comprese le nuove aree urbane con imponenti palazzi a più piani non ha più di 6mila residenti. E' chiaro che molte famiglie si sono trasferite altrove, incrementando in primis Lauropoli e Sibari, un po' meno Doria. Diciamo che i quattro centri urbani che caratterizzano oggi il territorio comunale quasi si equivalgono e potrebbe, ognuno di essi, essere comune autonomo. Questa non è un'osservazione con intenzioni separatiste, ma una semplice constatazione da offrire a chi governerà i prossimi 5 anni il vasto territorio comunale centro della Sibaritide, con buona pace dei comuni limitrofi. I quattro centri urbani hanno bisogno di essere maggiormente attenzionati dalla governance comunale, è necessario fare ed operare delle scelte in modo rapido per permettere che tutto il territorio ne tragga vantaggio. E' necessario, ad esempio, che vi sia in ogni centro un nucleo di polizia municipale con una presenza fissa e non in modo saltuario come avviene oggi. Gli errori del passato riguardanti l'urbanizzazione non pianificata a dovere di Lauropoli e di Sibari devono servire per portare correzioni importanti tenendo conto anche delle aree marine che negli ultimi 30 anni hanno avuto un incremento notevole ma restano quasi corpi estranei riguardo al resto del territorio. Lo sviluppo turistico si basa anche sulla capacità attrattiva dell'entroterra e non soltanto su quel che si offre nelle località balneari.
Durante la mia ventennale permanenza all'estero ho avuto modo, in qualità di geometra negli anni '70, di far parte di un gruppo di tecnici per la progettazione di impianti turistici in Tunisia e nell'ex-Jugoslavia. Dello staff faceva parte un'equipe di sociologhi che ebbero l'incarico di "preparare" la popolazione locale all'impatto con le migliaia di turisti che avrebbero affollato i litorali. Ero molto giovane e la presenza dei sociologhi, di primo acchito, mi sembrò alquanto strana, poi, invece capii come fosse importante la loro attività quando molto personale autoctono affluì nei cantieri nella fase avanzata dei lavori. Dopo una preparazione adeguata, anche linguistica, cominciarono ad individuare e realizzare piccole aree commerciali simili a quelle dei loro villaggi e quando i vari progetti furono terminati loro erano perfettamente inseriti e pronti per dare il loro contributo all'accoglienza dei turisti. Ma la preparazione avvenne anche nei paesi e cittadine del circondario dove soprattutto le attività artigianali e di ristorazione furono incentivate e preparate a servire una clientela internazionale. Furono pianificate delle escursioni nell'entroterra nei luoghi che potevano suscitare curiosità ed interesse culturale sempre stimolando una imprenditoria locale giovane ed entusiasta.
Tutto ciò é mancato sulle nostre coste, sono state costruite delle vere e proprie "isole" sul territorio, i cosiddetti "villaggi turistici" o "resorts" avulsi dal preesistente contesto paesaggistico e sociale, chiusi entro muri inaccessibili dove i vacanzieri ricevono servizi molto standardizzati ed hanno pochissimi contatti con l'ambiente circostante. Mostri urbani che possono contenere fino a 2000 ospiti e che generano in solo 4 mesi fatturati incredibili, lasciando sul territorio solo briciole, perchè le società di gestione hanno sede spesso altrove. Non mi dilungo oltre su questo argomento, ma meriterebbe certo una maggiore attenzione da parte della politica locale.
Altra pecca che nessuno degli amministratori di Cassano ha mai pensato di sanare, é l'assenza di un'area PIP (Piano per Insediamenti Produttivi), una zona pronta ad accogliere attività industriali ed artigianali servita da strade, elettricità, connessioni telematiche e servizi idrici. Chi finora ha voluto iniziare un'attività ha dovuto "arrangiarsi" provvedendo autonomamente ai propri bisogni. Ho letto recentemente che uno dei giovani candidati a consigliere comunale in una delle liste presentate, ha inserito nella sua visione futura del territorio un'area PIP, questo conforta chi, come me, spera nel cambiamento di visione del territorio che, nella sua vastità offre mille opportunità di investimento. Finisco questa mia lunga riflessione (chiedo scusa ai lettori) con un riferimento agli immobili storici del comune di Cassano tralasciando le chiese, ognuna delle quali ha qualcosa di interessante da mostrare e da raccontare. Mi riferisco alle costruzioni che datano almeno alcuni secoli. Inutile riparlare del famoso "granaio" intelligentemente fatto abbattere dalla ancora attuale amministrazione, ormai non c'é più e parliamo invece di un altro granaio molto più importante e molto più vetusto, fatto costruire intorno al 1520 dai principi di Bisignano ed ancora esistente nella campagna tra Sibari e Doria, parlo di GADELLA, una strututra possente che andrebbe recuperata e che per la sua posizione centrale potrebbe diventare un luogo per mostre d'arte, convegni, manifestazioni di tipo fieristico e per degustazioni agro-alimentari per la promozione delle produzioni locali. Pensate che la gestione del granaio di Gadella per alcuni secoli veniva "battuta" all'asta e molto spesso era gente della Toscana che se ne accaparrava la conduzione e, ovviamente, i profitti. La struttura poteva contenere diverse migliaia di tonnellate di cereali. Invito gli interessati a leggere l'articolo del prof. Giuseppe La Padula pubblicato nel 2013 sul nostri sito www.sibari.info (cliccare quì) chissà che non se ne possano trarre ulteriori stimoli. Credo di avere scritto quel che volevo porre all'attenzione dei cassanesi, non nascondo che ho fatto grande fatica a battere sulla tasiera, essendo ancora la mia mano sinistra impedita, ma spero di aver fatto cosa gradita a qualcuno di coloro che mi seguono sui siti che gestisco dal 2007. A rileggerci, spero presto.
Antonio Michele Cavallaro
Foto in alto: Granaio di Gadella oggi.
Mappa del XVII sec. Conservata presso la Biblioteca "Torre di Albidona", per gentile concessione dell'Avv. Rinaldo Chidichimo