"Se sapessi di qualcosa di utile a me, ma pregiudizievole alla mia famiglia, lo rigetterei da mio spirito. Se sapessi di qualcosa di utile alla mia famiglia, ma non alla mia patria, cercherei di dimenticarlo. Se sapessi di qualcosa di utile alla mia patria, ma pregiudizievole per l’Europa, oppure di utile all’ Europa ma pregiudizievole al genere umano, lo considererei un crimine". Montesquieu, (immagine a lato) Cahiers 1716-1755
Non sono bastate le due catastrofi mondiali del secolo scorso a rendere la guerra, come auspicava Moravia, un tabù. Le guerre hanno continuato a martoriare tanti popoli (le vittime civili nelle guerre moderne superano di gran lunga quelle militari), anche nella seconda metà del Novecento e nel primo ventennio del nuovo millennio variamente giustificate: arginare il Comunismo prima, esportare la democrazia poi, e via via creando fantasiose foglie di fico per dissimulare il definitivo passaggio ad ovest del mondo.
Da qualche anno un nuovo fantasma si aggira per il mondo, il Sovranismo variamente declinato: America first, La terra calpestata dal soldato russo è russa e , si parva licet, Prima gli italiani. Le conseguenze? Se i conflitti nel mondo vent’anni fa erano 17, oggi sono più di cinquanta. Guerre tra stati che non si ha neppure l’onestà di chiamarle tali, ma vengono spacciate per Operazione speciale, Guerra al terrorismo. Noi non facciamo guerra all’Iran ma alla sua bomba nucleare.
La politica, la guerra in fondo se vogliamo dar credito a von Clausewitz è la continuazione della politica con altri mezzi, può essere solo amministratrice di egoismi nazionali? Può esistere al contrario una politica innervata di ideali e orientata al benessere, se non alla felicità dei suoi cittadini?
A questa domanda ha provato a rispondere Ottavio Olita con il bel romanzo Sulle tracce di Almeida (Isolapalma 2021), con lo strumento della letteratura.
Il personaggio storico del titolo non è il protagonista del romanzo altrimenti sarebbe stata una biografia romanzata e non è neppure una biografia di Almeida, non tanto perché i dati che riguardano il personaggio siano manipolati, quanto per la parte quantitativamente esigua nell’economia del romanzo, e allora diciamo che è un romanzo senza aggettivi.
Luca, il giovane protagonista, decide di partire dalla sua città e dall’Italia, deluso dal clima politico culturale dell’ambiente universitario della sua città, fatto di superficialità e indifferenza verso le questioni politiche e sociali. È quanto si premura di scrivere alla madre per giustificare la sua scelta di vita.
L’ansia dei genitori separati è pronta ad attivarsi, e non perdono l’occasione di colpevolizzarsi ed accusarsi reciprocamente quando un figlio fa qualcosa che non avevano previsto, ma per fortuna c’è la nonna Eleonora che con la sua solidità e saggezza rappresenta un ancoraggio affettivo per il nipote, e morale per la figlia (in quasi tutti i romanzi di Ottavio Olita troviamo nonne che riescono dove i genitori falliscono).
Comunque alla fine questa famiglia, che tanto somiglia alle tante delle nostre società occidentali, seppure tra mille incertezze, animata da buona volontà riesce a non essere d’ostacolo, ma ad accompagnare l’autorealizzazione di questo giovane.
Si parte, non per ragioni materiali come spesso si pensa, in fondo questo giovane figlio unico di genitori abbienti potrebbe vivere nella sua città, così i tanti migranti che lasciano i loro territori di origine non sono sempre spinti dalla fame, ma vanno in cerca di un ambiente dove grazie alle garanzie di libertà e di sicurezza possono realizzare i loro sogni.
George Steiner diceva che “non c’è società, regione, città, paese che sia indegno di venire migliorato. Viceversa nessuna comunità è degna di non venire abbandonata quando l’ingiustizia o la barbarie ci si insediano, la morale deve sempre tenere i bagagli pronti.”
A pag. 49 davanti a Las meninas di Velasquez non riesce ad andar via perché continuava a chiedersi quale passione per l’arte dovesse avere Filippo IV per accettare di avere solo una particina nella narrazione della sua corte, di fronte a lui, fatta dal pittore.
Come non pensare ad un altro Filippo in questo caso II, figlio di Carlo V che aveva un impero dove non tramontava mai il sole, che da bacchettone qual era non espone il Cristo di Benvenuto Cellini nella cappella a cui l’aveva destinato perché troppo sensuale, privo di gravidad e y decor e lo confina nel suo appartamento privato dove collezionava i Hieronymus Bosch,il surrealista ante litteram per eccellenza.
Questo mi ha riportato alla mente il bel libro di Trevor Ropper sulla passione per l’arte dei due rami della famiglia di Carlo V quello spagnolo e quello asburgico capaci e impegnati a valorizzare l’ingegno artistico di pittori, scultori e architetti del loro tempo e lasciarci in eredità un patrimonio che continua ad educare alla bellezza generazioni di uomini e donne e a contribuire anche al Pil di questi paesi, tanto per tornare seppure in modo diverso al rapporto tra politica e cultura.
Viene da chiedersi come mai Luca si appassiona alla vita di questo intellettuale politico della prima metà dell’800. La risposta possiamo rinvenirla nel pensiero del filosofo Paul Ricoer:”…il passato non è soltanto quel che è andato – che è accaduto e non può essere modificato: continua a vivere nel ricordo grazie alle frecce dell’avvenire che non sono ancora state scagliate o la cui traiettoria è stata interrotta. Il futuro non realizzato delle forme passate è forse la parte più ricca di una tradizione”
Come non pensare a Mazzini, sconfitto politicamente, ma vivo grazie alle frecce dell’avvenire contenute nei primi articoli della Costituzione della Repubblica Romana del 1849, che troveremo un secolo dopo nella Costituzione della Repubblica italiana.
Art.1. La sovranità è per diritto eterno del popolo. Il Popolo dello Stato Romano è costituito in Repubblica Democratica.
Art.3 La Repubblica colle leggi e colle istituzioni promuove il miglioramento delle condizioni morali e materiali di tutti i cittadini.
Costituzione italiana: Art.1. L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della costituzione.
Art. 3. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del paese.
Almeida al pari di Mazzini creò quasi da solo la tradizione , l’”ideologia”, più semplicemente il clima di una sistematica agitazione rivoluzionaria che doveva portare alla riunificazione dell’Italia e all’indipendenza del Portogallo.
Alcuni storici tendono a minimizzare il peso dell’azione politica e culturale di questi uomini nei processi di costruzione di nazioni moderne come l’Italia e il Portogallo ritenendo decisive la forza, la necessità di mercati sempre più estesi per la rivoluzione industriale in forte espansione che solo governi liberali costituzionali potevano garantire, ma penso che questa prosa dell’economia avrebbe impiegato più tempo senza la poesia dell’idealismo di rivoluzionari come Almeida in Portogallo, José Martì a Cuba, Mazzini in Italia e Mickiewicz in Polonia.
L’idea di nazione nell’Ottocento, se in Germania viene concepita in modo naturalistico, con caratteri fisici permanenti sulla base del sangue e del suolo e pertanto del fattore etnico, che alla lunga sfocerà nel razzismo, in Italia con Mazzini si svolge su basi decisamente volontaristiche. La formula è di Renan “plebiscito di tutti i giorni” ma la sostanza è in Mazzini. Nel 1959 la Patria è un dover comune; una missione collettiva, è prima di tutto coscienza della Patria, e per il repubblicano Mazzini i monarchi sono i nemici del viver libero dell’umanità che è essenzialmente Europa. All’Italia spetta il compito di mettersi alla testa dei popoli europei a cui la tradizione storica assegna “la missione di universalizzare la propria vita”; all’Italia, la cui vita nelle sue grandi epoche, fu sempre vita di Europa. La nazione non è sentita come valore esclusivista o egemonico a danno degli altri, ma anzi come mezzo per accordarsi e procedere con gli altri.
Almeida, da parte sua, con la sua opera politica più importante Portugal na balansa da Europa, scritta a soli 31 anni, immagina una sorta di federalismo tra stati europei.
Nel viaggio nella mia terra intreccia politica, filosofia, storia e letteratura e nella rievocazione della visita al campo di battaglia di Waterloo concluse che né la libertà dei popoli né la sovranità dei re trassero vantaggio da quella grande battaglia.
Ma se nelle grandi battaglie siamo trascinati dobbiamo avere come orizzonte la pace. Ecco cosa scrive James Connolly il capo dell’Irish Citizen Army in un editoriale il 22 gennaio del 1916 dopo essersi unito all’insurrezione armata per l’Indipendenza dell’Irlanda dall’Inghilterra: nel momento stesso in cui la pace sarà considerata dal governo britannico un argomento pronto ad essere dibattuto, in quel momento la nostra strategia sarà orientata alla pace, in diretto contrasto con tutte le discussioni, o preparazioni di una rivoluzione armata. …nel momento in cui sarà nell’aria la pace, dovremo dedicarci in maniera ferrea e utilizzare tutta la nostra influenza per operare affinché il pensiero del Labour in Irlanda sia messo a disposizione di una ricostruzione pacifica.
Il Presidente della Repubblica d’Irlanda Michael Daniel Higgins politico e poeta in un’intervista alla Lettura del Corriere della sera di qualche anno fa, rispondendo a come si potevano aiutare le popolazioni stremate, impoverite dalla pandemia, rispondeva: più cultura sotto forma di facilitazioni per accedere ai teatri, ai concerti, ai libri. Uno dei presidenti più amati della storia della Repubblica d’Irlanda per il suo ruolo di intellettuale pubblico, per decenni impegnato in battaglie per i diritti civili e, per l’attenzione ai più deboli ai più vulnerabili, ai diritti sociali.
Spesso i rappresentanti dei ceti sociali più retrivi davanti a proposte di legge ispirati dai diritti civili oppongono la priorità di provvedimenti di natura economico sociale, come se ci fosse contraddizione tra i due.
Giuseppe Costantino