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MAGOG - Romanzo di Paolo Ponzù Donato, recensito da Domenico Trovato

magog.jpgPresentiamo l'ultima opera letteraria di Paolo Ponzù Donato, Magog, vincitore nel 2021 del prestigioso premio "Dario Galli. Il romanzo é imperniato sulla tragica tematica della migrazione e coinvolge anche luoghi e personaggi calabresi. Di seguito pubblichiamo una breve descrizione e poi la erudita recensione di Domenico Trovato. Buona lettura. (La redazione)

Dalla prefazione di Italo Leone: «Chi è il barbaro? I migranti che ci invadono oppure noi italiani che li rinchiudiamo nei cosiddetti centri di accoglienza per poi abbandonarli al caporalato e allo sfruttamento? Magog, secondo San Giovanni, è il popolo - e relativo paese - che Satana chiamerà a sé per l'ultimo scontro con Cristo alla fine dei tempi. Ed ecco che, ad una prima occhiata, quelli di Magog sono "loro", i migranti, e noi la "brava gente". ... un viaggio lungo le rotte dei migranti di cui sono protagonisti due giovani che, come molti altri, sfuggono alla violenza della guerra e alla miseria diffusa nei tanti Sud del mondo, in un tempo in cui la globalizzazione è stata un'opportunità per pochi e una disgrazia per molti. Il romanzo adotta la tecnica della focalizzazione interna: i fatti e i pensieri sono filtrati dalla ricostruzione che ne fa Amira, l'io narrante, amica e innamorata di Nana...»

Recensione di Domenico TROVATO

La mappa di questa recensione “visualizza” le seguenti coordinate:

a. simbologie e piani di realtà: si ripropongono, in forma sintetica, le argomentazioni che l’autore e il prefatore sviluppano, per permettere al lettore di distinguere tra apparato simbolico e realtà;

b. esegesi per parole chiave: nel tessuto narrativo vengono identificati dei costrutti, delle espressioni, delle sequenze significative, che servano da “chiavi di lettura” di paradigmi fondanti o di eventi significativi;

c. mediatori narrativi e linguistici: nel senso della “strumentazione” che l’autore utilizza per disvelare il suo mondo letterario.

Rispetto al “dominio” delle simbologie e dei piani di realtà l’autore, in una recente intervist (1), connota l’opera come “[… ] il risultato di una contaminazione tra esperienza reale e finzionale” [ ] e ne fornisce le prove:

> decifrando la leggiadra, luminosa, fiabesca illustrazione nella prima di copertina dove una sirena sostiene una piccola barca con figure: non raffigura un mondo magico, ma l’intera umanità in viaggio, perché “siamo tutti nella stessa barca”, non solo i singoli migranti;

> impregnando di realismo i quattro elementi primordiali della tradizione ellenica(2) nelle sfide che i protagonisti del romanzo, Nana e Amira, affrontano, attraversando il canale di Sicilia (acqua), soggiornando a Riace (aria) , lavorando senza diritti nella piana di Gioia Tauro (terra), partecipando alla rivolta di San Ferdinando (fuoco): non c’è sfoggio di erudizione storico-filosofica, quanto rappresentazione di un’indicibile odissea.

L’autore della Prefazione, I. Leone, dal canto suo, ci introduce nella dimensione dell’arcano titolo del romanzo, riprendendo le parole di Nana, mutuate da un’antica leggenda ghanese(3), che racconta il «viaggio», dal tempo indefinito e da un paese molto lontano, Magog, di un «pellegrino».(4) Ma anche in questo caso la simbologia si arrende alla realtà. Infatti scorrendo la quarta di copertina e continuando nella lettura della Prefazione e del Primo Quadro, p. 17, si scopre che le due categorie, quella del «pellegrino» e quella del «viaggio», rappresentano la prima una umanità in cammino verso luoghi(5) del dolore e della speranza, la seconda l’esodo dei migranti nel contesto degli odierni flussi migratori.

In questi contesti si sviluppa la trama del romanzo che intercetta la storia di un ragazzo ghanese di nome Nana e della sua amica Amira, l’io narrante, rappresentati mentre si misurano con quattro destabilizzanti esperienze , all’interno di un travagliato percorso di migrazione.

Nel Primo Quadro, Acqua, una umanità composta dal capitano della barca , dai protagonisti, da sessantotto migranti, che lo scafista Dabae, la “iena”, cataloga come “cose”, viene “raccontata” mentre attraversa il ca- nale di Sicilia. Una tragica traversata (tempesta forza sei , naufragio alle porte di Malta , salvataggio da parte di una ONG […]), che però l’autore “governa” e “mitiga” con il fluire dialogico dei “pensieri amabili”, ancor-chè talora tristi, di Nana e Amira (le leggende, le età dell’uomo, i reciproci sentimenti amorosi, il destino dei padri […]). Come sfondo integratore alcune icastiche categorie concettuali: il migrante come merce, l’essere umanitari senza essere umani? L’eroismo del capitano Jonas, il salvatore, la speranza di un futuro migliore nell’Europa e nell’Italia del benessere.

Nel secondo Quadro, Aria, si respira l’ “aria nuova” del riscatto e della speranza, con l’inserimento di Nana e Amira nella comunità di Riace, dopo essere transitati, divisi, per un Centro di prima accoglienza e un CARA(6) e dopo il loro “miracoloso” ritrovarsi. A corollario, una molteplicità di eventi: la rivolta al CARA e la sua chiusura, l’arrivo a Caulonia, gli incontri con figure accoglienti (la poliziotta Carmen, Mimmo-Mimì Lucano sindaco di Riace(7), la sua amica Esther, etc.), l’opzione lavorativa di Nana, i sospetti sulla gestione immigrati, la crisi del “modello Riace”(8), la ripresa del «viaggio» dei due protagonisti. Esperienze alimentate da potenti mes-saggi etico-civili: la sfida ad un’accoglienza insostenibile, la ricerca delle radici, la cittadinanza vs la cultura dello scarto, il lavoro e/è la dignità, la testimonianza di uomini antagonisti, il farsi coppia, lo sguardo deter-minato sul futuro.

Nel terzo Quadro, Terra, i due protagonisti, in fuga verso la piana di Gioia Tauro, vengono proiettati in una dimensione in cui violenza chiama violenza: dalla rapina, allo stupro, all’omicidio e dove rari sono i segni di tolleranza e di accoglienza (vds. l’ospitalità di Teresa e Giorgio, due medici). E tale condizione ha un suo continuum nella baraccopoli di San Ferdinando, all’insegna de “il lavoro rende liberi”. Certamente, ma in mezzo a caporali, fatica disumana, bastonate “educative” quell’assioma può evocare solo scenari distopici(9). Così una notte, Giuseppe Valarioti(10), in sogno, incita Nana alla rivolta.

Per questo contesto di degrado umano e sociale, segnaliamo come “chiavi di lettura” alcune riflessioni dei personaggi che lo vivono: “Chiudendo Riace hanno solo creato nuova disperazione…”, “…ma è come se fos- simo nel bel mezzo della terra di nessuno…”, “Mi sa che l’illegalità sta dentro la legalità…”, “Fate conto che non esistete…”, “Se lavorerete…sarete liberi”, “Unitevi con i calabresi onesti…”.

Nel quarto Quadro, Fuoco, si concretizza il disegno di una riscossa dei braccianti-schiavi, sotto forma di sciopero. Nana ne è il promotore, dopo un “consiglio di saggi”. L’impresa riesce, ma ecco sopraggiungere il fla-gello del fuoco (opera dei clan della ‘ndrangheta?) che devasta, uccide, deforma. Di fronte a questo dramma, dopo una prima istintiva reazione “[…] una bella rappresaglia a Rosarno” si decide per un corteo tra braccianti stranieri e cittadini calabresi, con il sostegno di giornalisti amici e di un prete, don Michele. Il tempo di due allocuzioni oratorie rivolte ai manifestanti e succede l’irreparabile […].

Le traiettorie di “pensiero”che connotano le vicende narrate hanno il loro focus nei costrutti della “resistenza”, dell’“alleanza tra braccianti e cittadini”, della “persona” senza etichette, della “non violenza”, della “nuova vita” che irrompe. Tali categorie, permeate da una visione antropocentrica(11), qualificano il Quadro e, in generale, il romanzo come contributo alla “pacificazione”, sollecitando il lettore, che forse si aspetta soluzioni immediate e “muscolari”, a riflettere sulla complessità dei processi di integrazione.

Infine nello specifico dei “mediatori narrativi e linguistici” da evidenziare le seguenti matrici distintive:

> la struttura narrativa del romanzo sposa la tecnica della focalizzazione interna (eventi e pensieri filtrati dalla ricostruzione di Amira, io narrante), che l’autore coniuga con digressioni descrittive (ad es. pp. 36, 120, 145)(12) , con frequenti flash-back (ad es. pp. 28, 30), con intermezzi onirici (ad es. pp. 68, 73, 157);

> la prosa rivela la sua cifra eclettica nella misura in cui si affida ad una originale aggettivazione, mai ridondante (ad es. idioti raglianti, 80, sfogo eclatante, 83, l’Allaro […] silente e inavvertito, 86) , a meccanismi metaforici (ad es. gli allucinati, i lucidi […],37 , la rana e la pentola, 105, la casa-pollaio, 142), a un periodare immaginifico (ad es. “Da sornione che era, il sorriso di Mustafà si allarga in un’espressione di pura estasi”, 142, “[…] balconi fioriti che occhieggiano su muri di calce.”, 90);

> la trama narrativa, che l’autore sa abilmente “tessere”, raggiunge il suo climax nell’equilibrio tra utopia e realismo.

                                                                                                                     Domenico Trovato

 

[1] 22 Agosto 2022, tempostretto.it , intervista di E. Giorgianni.

 [2]Acqua, aria, terra, fuoco, secondo i filosofi presocratici, Parmenide, Eraclito, Empedocle. Elementi che, con un artifi-cio letterario, denominano i quattro Quadri-Capitoli del romanzo, come si legge all’inizio del quarto Quadro (p.165).

[3] Il popolo pagano di Magog fu chiamato da Dio per umiliare Israele, secondo l’Antico Testamento (pp.7- 8 del ro- manzo). Dovrebbe simboleggiare, si interroga I. Leone, i “migranti” che si relazionano con noi, la “brava gente” ? Ma è proprio così? Oppure siamo noi quelli di Magog, responsabili dei processi di esclusione?

[4] Forse uno di quei ”[…] viaggiatori anomali in territori mistici[…]” che popolano il mondo musicale battiatesco ? F. Battiato, No time, no space, 1985. Una mia suggestione.

[5] Potremmo definire questi “luoghi” anche come “non luoghi” (M. Augè, 1993), con una chiave di lettura antropologica forse azzardata, spazi “residuali”che questa umanità verrà ad abitare, dissipando le proprie radici identitarie. Ma su tale paradigma si apre un universo speculativo (ad es. A.R. Calabrò, 2013, studi di P. Basso e F. Perocco, UniCa’ Foscari, VE).

[6] Il Centro di prima accoglienza, non indicato, dovrebbe essere quello di Lampedusa (“[ …] ci troviamo su un’isola.”). Il CARA, Centro Accoglienza Richiedenti Asilo, forse in terra calabra.

[7] In particolare il sindaco Lucano “[…] si presenta sotto mentite spoglie”. Intervista cit.

[8] Riflette Amira: “E qui si conclude il capitolo della mia storia. Il capitolo del respiro, dell’aria e del cielo ritrovati e subi-to persi” (p.111).

[9] Vds. sul tema il XXXI Rapporto sull’immigrazione 2022, Caritas e Migrantes.

[10] Insegnante e politico comunista calabrese che si oppose alla ‘ndrangheta. Ucciso a lupara nel giugno del 1980.

[11]A tal proposito mi piace richiamare quanto l’autore dichiara nella già citata intervista: “L’idea di fondo è che noi occidentali, trionfo dell’homo sapiens, abbiamo dimenticato di essere anche homo amanse ancora “La letteratura deve parlare a tutte le coscienze, risvegliare l’umanità laddove è un po’ sopita. Così volevo potesse fare la mia scrittura.”

12 Incipit, p. 36: “L’alba è pigra”, p. 120 “L’alba, come sempre”, pag. 145 “La giornata somiglia”.

 

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