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Vangelo della Prima Domenica d'Avvento

let-him-in-greg-olsen.jpgDal Vangelo di Gesù Cristo secondo Marco 13,33-37.

 

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «State attenti, vegliate, perché non sapete quando sarà il momento preciso.
E' come uno che è partito per un viaggio dopo aver lasciato la propria casa e dato il potere ai servi, a ciascuno il suo compito, e ha ordinato al portiere di vigilare.
Vigilate dunque, poiché non sapete quando il padrone di casa ritornerà, se alla sera o a mezzanotte o al canto del gallo o al mattino,
perché non giunga all'improvviso, trovandovi addormentati.
Quello che dico a voi, lo dico a tutti: Vegliate!».

 

COMMENTO DI DON MICHELE MUNNO

 

 

I DOMENICA DI AVVENTO – B

3 dicembre 2017

Vegliare! È questa la prima richiesta/consegna che ci viene rivolta all’inizio di questo nuovo anno liturgico e di questo nuovo tempo d’avvento.

Una richiesta/consegna particolarmente insistente! Tant’è che in solo cinque versetti – di cui si compone il testo del Vangelo, che ci viene proposto in questa prima domenica – il verbo vegliare ricorre ben quattro volte: “Fate attenzione, vegliate … ha ordinato al portiere di vegliare … vegliate dunque … lo dico a tutti: vegliate”!

Una tale insistenza ci aiuta subito a capire che il tempo d’avvento non è solo quello che ci prepara a celebrare il natale del Signore, a fare memoria del suo primo avvento –la sua “Incarnazione” – ma è un tempo che vuole allenare il nostro cuore a cogliere l’ “avvento” di Dio nella nostra vita, il suo continuo “visitarci”, nell’attesa del suo ritorno, quando verrà nella sua gloria e “siederà sul trono della sua gloria … davanti a lui verranno radunati tutti i popoli … e … separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dalle capre”.

L’avvento, perciò, è come una “palestra del cuore” e vuole aiutarci a capire che non è solo un “tempo liturgico”, una parte dell’anno liturgico, ma molto di più: è la caratteristica fondamentale di tutta la nostra vita! Sì, la nostra vita è un grande tempo d’avvento!

Il profeta Isaia, che rilegge il tempo della deportazione e dell’esilio come una conseguenza della mancanza di fedeltà e di vigilanza, scrive nel testo che ci viene proposto come prima lettura: “Siamo divenuti tutti come una cosa impura, e come panno immondo sono tutti i nostri atti di giustizia; tutti siamo avvizziti come foglie, le nostre iniquità ci hanno portato via come il vento”.

L’immagine della foglia avvizzita e portata via dal vento è particolarmente efficace. Infatti, quando la foglia si stacca dall’albero essa muore, poiché non riceve più la linfa vitale e, di conseguenza, si secca e svanisce!

Così accade a noi quando decidiamo di non vegliare più, quando ci lasciamo prendere dal sonno: ci “chiudiamo” a Dio, ci dimentichiamo che Egli ha messo nelle nostre mani “il suo potere”, affidando a ciascuno di noi un compito specifico.
Quando qualcuno si addormenta, infatti, “chiude gli occhi”, diventa “cieco” … in qualche modo è come se si sigillasse dentro il guscio del proprio “io”, diventando indifferente verso gli altri e verso Dio.

La vita, come “foglia avvizzita e portata via dal vento”, perderebbe di bellezza e di senso! Questo è il dramma del peccato … e le conseguenze, purtroppo, stanno sotto gli occhi di tutti!

L’invito a vegliare, perciò, si accompagna a quel “grido d’aiuto” che il profeta eleva nella prima lettura: “Se tu squarciassi i cieli e scendessi”! Un grido che trova eco in quell’invocazione che ripetiamo spesso durante l’avvento “Maranatha”!

Il tempo di avvento, infatti, ci aiuta a prendere coscienza – ci aiuta ad avere la chiara consapevolezza – che senza Dio il mondo va in rovina, va verso l’autodistruzione.

Perciò, da una parte, dobbiamo fare nostra la toccante preghiera di Isaia: “Tu, Signore, sei nostro padre, da sempre ti chiami nostro redentore … Ritorna per amore dei tuoi servi, per amore delle tribù, tua eredità … Signore, tu sei nostro padre; noi siamo argilla e tu colui che ci plasma, tutti noi siamo opera delle tue mani”!

D’altra parte, però, perché la nostra preghiera non resti una sterile invocazione, dobbiamo essere consapevoli che il Signore ha messo nelle nostre mani “la sua casa” e il suo “potere”, ha affidato a “ciascuno il suo compito” – o, per utilizzare le parole di san Paolo, ci ha “arricchiti di tutti i doni” tanto che non ci manca più “alcun carisma”! Dobbiamo essere noi, perciò, i collaboratori dell’avvento del Signore!

Avendo la chiara consapevolezza di ciò che siamo e di ciò che il Signore ha messo nelle nostre mani, possiamo realmente vivere con vigilanza operosa l’attesa della manifestazione del Signore nostro Gesù Cristo!

Ogni volta, infatti, che compiamo un gesto di amore gratuito e generoso, ogni volta che non ci preoccupiamo di noi stessi, dei nostri interessi, del nostro tornaconto – ci comportiamo, cioè, da servi che vegliano! – noi contribuiamo all’edificazione del Regno di Dio, manifestiamo il suo quotidiano avvento nella nostra vita … e affrettiamo il suo ritorno glorioso!

Maria, Donna dell’attesa e Porta dell’avvento, interceda per noi! Amen.

Vieni, Signore Gesù! Maranatha!

(Nell'allegato trovate il Foglio informativo settimanale della Parrocchia di San Giuseppe in Sibari)

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