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Come essere Cristiani nei social media

ONLIFE-696x391.jpgEssere onlife. Siamo contemporaneamente on line e off line, cioè onlife.

Questa battuta sintetizza bene il recente documento vaticano che riprende e sviluppa, nell’era digitale attuale, la parabola del buon Samaritano (Lc 10,25-37). Frutto di una riflessione che ha coinvolto esperti, educatori, giovani professionisti e leader, laici, religiosi e clero, è stata pubblicata il 20 maggio 2023, dal Prefetto del Dicastero vaticano per la comunicazione, un’agile riflessione pastorale, intitolata “Verso una piena presenza”. L’obiettivo dichiarato è affrontare alcune delle principali questioni che riguardano il modo in cui i cristiani dovrebbero utilizzare i social media.

Tecnologie digitali efficienti. La nostra è, come ricorda la riflessione pastorale, l’era in cui le «tecnologie digitali possono aumentare la nostra efficienza, dare slancio alla nostra economia e aiutarci a risolvere problemi finora insormontabili» (n. 7). Nella new era del digitale, i cristiani sono sollecitati a interrogarsi come «vivere nel mondo digitale come “prossimo amorevole”, autenticamente presenti e attenti l'uno all'altro nel comune viaggio lungo le “strade digitali”» (n. 1). E così, mentre la comunicazione risulta sempre più influenzata dall’intelligenza artificiale, nasce per tutti l’esigenza di riscoprire l’incontro umano, perché molti, soprattutto giovani, vivono del tutto immersi nel mondo digitale, che resta comunque “una parte significativa dell’identità e dello stile di vita”.

Istruzioni per l’uso. Ecco le stimolanti domande che dovranno essere affrontate, come genitori, come singoli e comunità: che tipo di umanità si riflette nella nostra presenza negli ambienti digitali? Quanto delle nostre relazioni digitali è frutto di una comunicazione profonda e sincera, e quanto invece è semplicemente plasmato da opinioni insindacabili e reazioni appassionate? Quanto della nostra fede trova espressioni digitali vive e rivitalizzanti? E chi è il mio “prossimo” sui social media?

Il primo approccio suggerito dalla riflessione vaticana è, a prima vista negativo: guardarsi dalle insidie. Il riferimento è a individui trattati come consumatori e merci; esposizione forzata a informazioni parziali, che corroborano le idee proprie, rafforzano le nostre convinzioni personali e conducono a isolarsi in un effetto bolla; rischi di individualismo esasperato, pur partecipando a delle comunità virtuali.

Tuttavia, per quanto i social siano pervasivi, per quanto abbiano occupato prepotentemente il nostro tempo e si avviino a farlo sempre di più nel metaverso che verrà – se verrà - i social non sono l’aria, non sono l’acqua, non sono il cibo. Farne a meno è possibile, ma pensare a loro come ad un demonio dal quale fuggire significherebbe ammettere di aver fallito nel governo dell’innovazione. Al contrario, probabilmente, occorre imparare a usarli senza esserne usati, a trattarli da merce anziché farsi merce, considerarli un telefono e non diventare noi stessi un telefono.

Non c’è ragione per rinunciare a ciò che di buono possono offrire, per sottrarsi al rischio che si impossessino di noi. E non c’è, forse, ragione neppure per ipotizzare uno scontro, una guerra, una battaglia, le donne e gli uomini contro i social: invitati a guardare l’uomo assalito dai briganti, «siamo anche invitati a guardare oltre la nostra rete di sicurezza, i nostri silos e le nostre bolle. Diventare prossimi nell’ambiente dei social media richiede intenzionalità» (n. 29). Ecco, semplice quanto impegnativa, la proposta: «Discernere e smascherare la logica che inquina l’ambiente dei social media e cercare una soluzione a questo malcontento digitale» (n. 17). La tecnologia non è un male assoluto, nè sono questioni antiche il cuore e la coscienza. Quello che serve è un punto di incontro. A parte i divieti, è urgente promuovere un utilizzo consapevole delle chat, vigilare su azioni di cyberbullismo e sexiting e stabilire un patto educativo tra genitori e figli con il coinvolgimento della scuola. Valgono le parole di papa Francesco: «I social network rappresentano un’opportunità di incontro che può apparire sconfinata, internet può offrire maggiori possibilità di solidarietà fra tutti, è questa è una cosa buona, è un dono di Dio. Ma in questo ambito gli adulti, genitori ed educatori sono chiamati al compito di sorvegliare e proteggere i ragazzi». E soprattutto, sempre citando il Papa, poiché fondamentale resta l’esempio, mai sottovalutarne il valore, «perché ha più forza di mille parole, di migliaia di likes o retweets, di mille video su Youtube».

p. Vincenzo Bertolone s.p.

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