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"La Parola e la cosa". Osservazioni e riflessioni sull'argomento

mario_sirimarco.jpgL'articolo di Giuseppe Aloise da noi recentemente pubblicato con l'ironico titolo "Campo largo, non é roba che se magna" ha provocato una serie molto interessante di riflessioni da parte di illustri personaggi della cultura calabrese. Sicuri di suscitare l'interesse dei nostri fedeli webnauti, proponiamo di seguito quella del prof. Mario Sirimarco (foto a lato) . (La redazione)

Il tema che Peppino Aloise, con la sua solita acutezza, ha posto alla nostra riflessione rimanda a una grande questione filosofica (ontologica, epistemologica, ermeneutica, etica) che tocca, essendone diretto corollario, il nucleo essenziale del pensiero contemporaneo. Sintetizzando spero non brutalmente, si può dire che questo pensiero (che trova il suo incipit nella demolizione della filosofia tradizionale operata da Leopardi e da Nietzsche), a seguito della “morte di Dio”, ritiene che non ci sia più spazio per un sapere incontrovertibile, una EPISTEME, una verità metafisicamente fondata. Anche la scienza contemporanea non presenta più del resto questi caratteri presentandosi probabilistica, e anche incerta su tanti aspetti.
Esiste solo l’incessante e caotico divenire delle cose, senza logos e senza fondamento, la realtà é solo l’apparire fenomenologico dove tutte le cose (gli enti) entrano ed escono dal nulla (secondo quella direzione teoretica colta per primo da Leopardi quando ha scritto che il fondamento di tutte le cose e di Dio stesso é il nulla).
Se sul piano etico l’assenza di Dio ha giustificato tutti gli obbrobri (come profetizzato da Dostoevskij) sul piano del linguaggio l’impossibilità di una verità consente altrettante nefandezze.
É chiaro, cioè, che in questa prospettiva non ci sono fatti ma interpretazioni, l’antica retorica un tempo strumento per cogliere la verità trascolora in mera competizione e rissa verbale, la parola diventa menzogna (fake), la menzogna, amplificata e resa accessibile dai social, diventa instrumentum regni … alimentando, apparentemente senza rimedio, il degrado delle nostre scricchiolanti democrazie.

 

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