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Vangelo di Domenica 12 Gennaio 2020

battesimo-di-gesù.jpgVangelo di Gesù Cristo secondo Matteo 3, 13-17

13 Allora Gesù dalla Galilea viene al Giordano davanti a Giovanni per essere battezzato da lui. 14 Ma Giovanni lo impediva, dicendo: Io ho bisogno di essere battezzato da te, e tu vieni da me? 15 Ma Gesù gli disse: Lascia ora, poiché conviene che noi compiamo ogni giustizia. Allora Giovanni acconsentì. 16 Battezzato, Gesù subito salì dall’acqua; ed ecco [gli] si aprirono i cieli, e vide [lo] Spirito di Dio scendere come colomba [e] venire su di lui. 17 Ed ecco una voce dai cieli che dice: Questi è il Figlio mio, prediletto, nel quale mi sono compiaciuto!

Lectio di don Alessio De Stefano

Il Padre celeste fa conoscere il Figlio. La pericope presenta l’arrivo di Gesù, oramai adulto, nel deserto in cui Giovanni opera, il dialogo che si instaura tra i due, e che mostra l’intento di Gesù di farsi battezzare da Giovanni (vv. 13-15), e poi il racconto dell’esperienza del battesimo e dei suoi effetti “celesti” (vv.16-17). Il Cristo che riceve il battesimo di Giovanni viene apertamente rivelato come Figlio di Dio e dà il via alla sua missione.

Una giustizia da fare (vv. 13-15) - Dopo l’annuncio della venuta di uno «più forte», Gesù fa la sua comparsa recandosi dal Battista con il chiaro intento di farsi battezzare. Questo incontra il disaccordo di Giovanni che vorrebbe piuttosto che fosse Gesù a battezzare lui. A questo punto l’evangelista riferisce le prime parole di Gesù relative al tema della giu­stizia (dikaiosfne), la cui centralità si impone nel Discorso della montagna. La giustizia è l’atteggiamento dell’uomo che coniuga l’onestà, il senso civico, la responsabilità nella crescita del progresso e della società, quindi la solidarietà con il prossimo. Ma è anche l’elemento che fa dell’esperienza religiosa un’esperienza umanizzante e salvifica. L’espressione «compiere ogni giustizia» significa privile­giare uno stile di azione che esprima al meglio l’obbedienza alla parola di Dio e la solidarietà al prossimo. In questa linea di totale solidarietà con gli uomini del suo tempo, Gesù si sottomette pienamente alla volontà di Dio e accoglie il cammino di abbassamento proprio del messia che è stato annunciato dalle Scritture negli oracoli profetici. Scende così nelle acque che hanno bagnato tanti uomini bisognosi di salvezza e desiderosi di conversione. È la kénosidel Cristo che ama frequentare tutti i luoghi affollati di uomini pecca­tori, e quindi anche le acque del Giordano, “maleodoranti” a causa del peccato che infesta la vita degli esseri umani. Sin dall’inizio del suo ministero pubblico Gesù è un pastore che porta addosso a sé “l’odore delle pecore”.

Un battesimo a cielo aperto(vv. 16-17) - Il battesimo di Gesù narrato sinteticamente al v. 16 rimanda ancora alla storia di Israele: come Giosuè, Gesù attraversa le acque del Giordano e risale. L’immersione di Gesù nelle acque del Giordano richia­ma il passaggio delle acque del Giordano da parte di Israele in vista dell’ingresso nella terra. Le acque del Giordano che assistono alla discesa dello Spirito di Dio rievocano anche le acque del caos primordiale e le acque del diluvio. Su di esse scende lo Spirito, plana cioè come quella colomba che è te­stimone della fine del diluvio e della possibilità di una nuova “genesi”. Nella tradizione cristiana l’acqua del diluvio è letta come prefigurazione del battesimo (cf 1Pt 3,20-21). Dopo l’emersione dalle acque, l’accento è posto nei vv. 16b-17 sugli effetti del battesimo presentato come evento teofanico in cui Dio in persona si manifesta: i cieli si squar­ciano (cfIs 63,19; Ez 1,1), vi è la manifestazione “fisica” dello Spirito di Dio che viene su Gesù, si sente la voce di colui che abita i cieli, il Padre, che lo proclama «mio figlio amato». La figliolanza di Gesù appare proprio nella sua obbedienza al volere di Dio racchiuso nelle sacre Scritture. La discesa dello Spirito non aggiunge nulla alla divinità di Cristo, ma crea un forte parallelo con l’unzione dei re e l’investitura profetica. La scena evangelica presenta più modelli biblici, come la proclamazione messianica (Sal 2,7), l’elezione del Servo di Jhwh (Is 42,1), l’unzione del servo (Is 61,1), ma al tempo stesso li supera pervenendo a una cristologia che riflette la maturità della fede della comunità matteana che confessa in Gesù, solidale con i peccatori, il Figlio di Dio, il servo docile pieno di Spirito e comunicatore di Spirito che attua la volontà salvifica del Padre. Egli è l’«amato» (agapet6s) Figlio di Dio, come Isacco, figlio di Abramo (cf Gen 22,2 [LXX]) ed è figura di Davide, che si sente amato da Dio e a lui gradito (cf 2Sam 22,20). Questa figliolanza docile del Figlio al Padre diventa la base per una nuova possibilità di accogliere l’alleanza da parte degli uomini. Le parole del Padre infatti non sono indirizzate a Gesù, ma sono rivolte ai presenti, destinatari della rivelazione e testimoni dell’evento teofanico. Essi sono invitati a cogliere la specificità di questa voce “celeste” che rivela al mondo l’identità stessa di Cristo, apponendo la firma divina sulla verità della duplice natura di Gesù emersa già nei vangeli dell’infanzia. Al Giordano, che diventa il punto di transizione tra il deserto e la Terra Promessa, tra l’antica e la nuova alleanza, il Padre dei cieli attesta così che Gesù è Figlio di Dio in intima unione con il suo Spirito, ma anche figlio di Abramo e figlio di Davide. Come annunciato in Mt 3,1, siamo davvero negli “ultimi tempi”, quelli gravidi di salvezza, perché Dio si è fatto uomo e, da vero Emmanuele qual è, ha preso sul serio l’intera vicenda umana e lo ha fatto con umiltà “da Dio” e con quel cuore filiale, “da bambino”, che il Cristo vorrà ricreare in ogni uomo che si lascia toccare dalla sua parola.

a cura di Michele Sanpietro

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